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    Transfer pricing adjustments e profili IVA

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    NF 11/2018 - VAT

    L’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 60 del 2 novembre 2018 ha affrontato la tematica relativa al trattamento ai fini IVA degli aggiustamenti derivanti da transfer pricing, arrivando alla conclusione che occorre verificare caso per caso le circostanze di fatto e di diritto che qualificano la corresponsione di contributi/aggiustamenti.

    Il modello di transfer pricing esaminato dall’Amministrazione si riferisce all’ipotesi in cui una società (interessata dall’accordo) consuntivi in un esercizio un margine che “ricada al di fuori dell’intervallo interquartile di riferimento”; in tal caso l’accordo infragruppo prevede che nei confronti di tale società siano “effettuati specifici ‘aggiustamenti’ (adjustments), che permettano comunque di rispettare il citato criterio di libera concorrenza”.

    Qualificazione dell’aggiustamento

    Ai fini dell’applicazione dell’IVA è necessario procedere ad una qualificazione dell’importo versato a titolo di adjustment, allo scopo di verificare se tale ammontare costituisca il corrispettivo di una prestazione di servizi, derivante da un obbligo di fare, non fare o permettere, ovvero se debba essere considerato come una variazione in aumento o in diminuzione della base imponibile delle operazioni originarie.

    Con riferimento alla prima questione la Corte di Giustizia UE ha affermato che “una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso (…) e configura, pertanto, un’operazione imponibile soltanto quando tra il prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, in cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente” e sussista “un nesso diretto tra il servizio prestato e il controvalore ricevuto”.

    Per quanto concerne, invece, la possibilità che l’aggiustamento rientri tra le variazioni della base imponibile, la Commissione Europea nel suo documento di lavoro n. 923 del 28 febbraio 2017 ha ritenuto che “le rettifiche da transfer pricing (in aumento o in diminuzione) possono avere implicazioni ai fini IVA, per esempio, laddove una tale rettifica possa considerarsi più o meno come un corrispettivo versato a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile già effettuata”, sempreché “il corrispettivo sia direttamente collegato a tale cessione o prestazione”

    Profili fiscali IVA

    A parere dell’Agenzia delle Entrate l’aggiustamento in parola non costituirebbe remunerazione di una specifica prestazione (da assoggettare autonomamente ad IVA), non essendo possibile considerarla come obbligazione diversa da quella remunerata con il corrispettivo della compravendita di beni tra le società interessate.

    Né, tantomeno, dall’accordo tra le società interessate emergerebbe la sussistenza del legame diretto tra i predetti contributi/aggiustamenti corrisposti tra le parti e le singole cessioni di beni.

    Sulla base delle menzionate considerazioni, l’Amministrazione Finanziaria perviene alla conclusione che i transfer pricing adjustments delineati “devono intendersi, in linea di principio, non rilevanti ai fini IVA”.

    Lo sapevate che...

    … le cessioni di beni che dall’Italia sono inviati in altro Stato membro, ove è stabilito il cessionario soggetto passivo, sono da considerare cessioni intraunionali, a nulla rilevando la circostanza che i beni transitino per lavorazione, commissionata dallo stesso cessionario, in un terzo Stato membro?

    Questo è quanto emerge dal principio n. 10 pubblicato il 2 novembre 2018 dall’Agenzia delle Entrate, che ha inteso ricondurre ad unità l’operazione, specificando che sulla scorta di pregressi documenti di prassi la cessione doveva considerarsi incardinata tra il fornitore nazionale ed il cliente UE, nello Stato di stabilimento dello stesso, nonostante i beni fossero previamente inviati per lavorazione in altro Stato membro in cui il committente (destinatario finale dei beni) aveva un proprio numero di identificazione IVA.

    Nel caso di specie, l’Agenzia ha dato evidenza al rapporto diretto tra cedente e cessionario, considerando l’operazione analoga ad un’esportazione congiunta, sulla base di quanto affermato dall’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, che specifica che la cessione intraunionale rimane tale, anche se i beni sono “sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni”.

    Scarica le Notizie Flash di novembre (PDF) [ 973 kb ]

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