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Approfondimento

Tax Control Framework, 231 e 262

Nel corso degli ultimi anni, l’attenzione a prevenire la commissione di reati di natura tributaria ha sicuramente ricoperto un ruolo di primaria importanza nel monitoraggio e gestione dei rischi aziendali da parte delle funzioni apicali (c.d. risk management). Le ragioni di questo cambio di rotta rispetto al passato – caratterizzato da una scarsa sensibilità verso talune tematiche di compliance fiscale unitamente ad un importante deficit normativo – possono essere essenzialmente attribuite:

  1. all’introduzione, da parte del legislatore fiscale, di misure volte alla minimizzazione delle controversie in materia tributaria mediante la normazione di taluni strumenti utili ad incentivare azioni di prevenzione da parte del contribuente;
  2. all’interesse sempre crescente del management aziendale di evitare gravosi e costosi contenziosi con l’amministrazione finanziaria al fine di prevenire il rischio di incorrere in sanzioni amministrative e penali; e da ultimo ma non per importanza
  3. all’acclarato danno di natura reputazionale e d’immagine che la commissione di un illecito tributario potrebbe determinare per l’azienda, il management e i diversi stakeholders.

Come detto, uno dei punti chiave è stato sicuramente un approccio innovativo – benché a oggi ancora limitato - da parte del legislatore fiscale italiano, in linea con gli stimoli derivanti anche dai contesti di natura internazionale (basti pensare agli innumerevoli lavori in sede OCSE volti allo stimolo della trasparenza e comunicazione tra contribuente e amministrazione finanziaria). In questa direzione, possono essere senza ombra di dubbio ricordati:

  • l’introduzione del regime di adempimento collaborativo da parte degli artt. 3 e ss. del D.lgs. n. 128/2015;
  • l’ampliamento del novero dei reati presupposto in materia di responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001) a talune fattispecie di reati di natura penal-tributaria ad opera dell’art. 39 del D.L. n. 124/2019.

I sopracitati interventi normativi, seppur distinguendosi per gli ambiti di riferimento, hanno dato un forte stimolo alle aziende – ma soprattutto al loro management – di dotarsi di sistemi volti alla prevenzione piuttosto che alla “cura” del rischio fiscale. Difatti, l’analisi dei richiamati interventi normativi è sicuramente un proficuo esercizio utile ad apprezzare la bontà e l’efficacia di taluni strumenti finalizzati a fornire, all’azienda, indubbi mezzi di tutela. Nel proseguo cercheremo di tracciarne i principali tratti distintivi, mettendo in evidenza le possibili opportunità e gli evidenti benefici.

L’aggiornamento dei presidi fiscali 231 quale primo passo per l’implementazione di un TCF

Come noto, il Decreto Legislativo n. 231/2001 disciplina la responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato ovvero la potenziale attribuzione di sanzioni nei casi in cui un soggetto terzo (e.g. soggetto apicale) commetta fattispecie specifiche di reato (i c.d. reati presupposto) a favore dell’ente stesso.

Al fine di prevenire l’assoggettamento a sanzioni e la conseguente perseguibilità dell’ente in tale ambito, che in alcuni casi possono determinare conseguenze gravose per l’organizzazione aziendale (e.g. sospensione dell’attività), è facoltà dell’ente stesso di adottare modelli di prevenzione del rischio che prevedano efficaci presidi di controllo (includendo anche l’istituzione di un organismo apposito indipendente e terzo) utili alla prevenzione e alla minimizzazione dei rischi.

In tale ambito, è stato recentemente ampliato il catalogo dei suddetti reati presupposto, con inclusione di talune e specifiche fattispecie di reati tributari. Difatti, in data 25 dicembre 2019, è entrata in vigore la Legge n. 157/2019 che, convertendo il c.d. “Decreto fiscale” (D.L. n. 124/2019 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), ha introdotto determinati reati tributari nel novero dei reati presupposto (art. 25-quinquiesdecies del D.lgs. 231/01) da cui deriva la responsabilità “amministrativa” degli enti. In particolare, sono stati introdotte le seguenti fattispecie di reato:

  • Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (Art. 2 del Dlgs n. 74/2000).
  • Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (Art. 3 del Dlgs n. 74/2000).
  • Emissioni di fatture per operazioni inesistenti (Art. 8 del Dlgs n. 74/2000).
  • Occultamento e distruzione di scritture contabili (Art. 10 del Dlgs n. 74/2000).
  • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (Art. 11 del Dlgs n. 74/2000).
  • Dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. 74/2000), omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 74/2000) e indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000), qualora esclusivamente commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, al fine di evadere l’IVA per un importo superiore a 10 milioni di euro.

L’inclusione dei sopracitati reati presupposto ha determinato:

  • da una parte l’aggiornamento dei Modelli Organizzativi già in essere mediante la predisposizione – laddove mancanti – di apposite procedure volte a minimizzare il rischio fiscale (limitato alle sopracitate fattispecie)
  • dall’altro ha dato stimolo a tutte quelle realtà prive di un modello organizzativo adeguato di dotarsi di adeguate procedure al fine di limitare possibili conseguenze negative in caso di reati di natura tributaria (difatti, la potenziale commissione di reati di natura tributaria è argomento sicuramente di maggiore trasversalità tra i contribuenti al contrario di altre tipologie di reato - inclusi trai i reati presupposto – che possono suscitare una maggiore sensibilità esclusivamente a specifiche categorie di contribuenti).

In tale contesto, la fase di aggiornamento degli strumenti di controllo apporta rilevanti benefici in merito alla sistematizzazione di azioni di prevenzione del rischio fiscale. Difatti, i lavori di adeguamento (e/o di implementazione ex-novo) dei sistemi di presidio 231, seppur limitatamente agli aggiornamenti in commento, permettono di:

  1. identificare e valutare le c.d. attività sensibili nel compimento delle quali si potrebbe ipotizzare la commissione dei reati tributari (con esclusivo riferimento ai nuovi reati presupposto);
  2. individuare e rilevare i sistemi di controllo già in essere;
  3. valutare la bontà e la completezza dei c.d. flussi informativi con riguardo sia agli organi di controllo sia alle diverse interrelazioni tra le diverse funzioni;
  4. evidenziare i maggiori punti di debolezza e le lacune di processo (c.d. gap analysis).

Parte rilevante dell’attività, inoltre, è:

  • la formalizzazione di procedure ad hoc utili all’individuazione delle modalità operative, dei principi generali di comportamento, dei flussi informativi e i responsabili di funzione atti a presidiare le più importanti attività di natura fiscali, come, tra i tanti, la redazione e la formalizzazione dei dichiarativi rilevanti (Modello IVA, Modello IRES e Modello IRAP);
  • l’integrazione e aggiornamento delle procedure al fine di rafforzare i presidi già in essere in ottica di prevenzione del rischio fiscale.

L’aggiornamento e/o l’implementazione dei presidi in linea con i reati presupposto (tributari) previsti dalla 231 è da considerarsi un’efficace primo step per introdurre sistemi / procedure che garantiscano un iniziale monitoraggio e controllo del rischio fiscale nell’organizzazione aziendale. Difatti, la sola implementazione delle attività e degli strumenti summenzionati – utile ad aggiornare correttamente il Modello Organizzativo con le più recenti modifiche normative – è finalizzata, in linea di principio, alla sola prevenzione di determinati reati tributari.

Pertanto, l’estensione di talune casistiche di reati di natura tributaria nel novero dei reati presupposto 231 ed i connessi lavori di aggiornamento richiesti possono rappresentare un’importante opportunità per valutare un percorso di maggiore sistematicità e completezza nella strategia di prevenzione del rischio fiscale ovvero la possibilità di iniziare ad intraprendere un percorso volto alla predisposizione di un c.d. Tax Control Framework (anche TCF).

Tale opportunità diventa ancora più rilevante in quelle organizzazioni che, parallelamente ad un Modello Organizzativo 231, sono dotate anche di procedure derivanti dalle disposizioni previste dall’art. 154-bis del TUF ovvero la predisposizione, da parte del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, di adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.

Tale procedura, benché riservata a specifici contesti e contribuenti, è da annoverare in quanto aiuta indubbiamente a fortificare il sistema di prevenzione, intervenendo su uno degli aspetti più rilevanti e connessi alla variabile fiscale ovvero la corretta alimentazione e gestione delle scritture contabili.