Italia Oggi

Medie imprese di ampie vedute

Alessandro Dragonetti
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Picture of a businessman with a cup of coffee reading a newspaper

Le medie imprese italiane si rivolgono con rinnovato slancio verso i mercati internazionali per sostenere la crescita. Nel secondo semestre del 2020, quindi in piena emergenza pandemica Covid-19, le cosiddette imprese del mid-market, allineandosi sostanzialmente al trend globale, seppur con una crescita più contenuta, hanno fatto registrare un +6% in termini di fiducia di aumentare i propri ricavi fuori dai confini nazionali nei prossimi 12 mesi, passando dal 18% dei primi sei mesi dello scorso anno al 24% della seconda parte del 2020.

A certificarlo sono gli esiti dell’indagine “Globalisation is go again” condotta da Grant Thornton, network globale che da oltre 100 anni fornisce servizi di consulenza in area audit, tax e advisory. Per mid-market si intende il mercato “intermedio”, ossia quello in cui operano aziende di media grandezza sia dal punto di vista del fatturato sia del numero dei dipendenti.

“La resilienza e l’agilità del mid-market mostrate durante la pandemia da Covid-19 hanno aiutato le imprese non solo a gestire al meglio la crisi che ne è derivata, ma altresì a saper cogliere nuove opportunità di crescita e a rivedere le proprie strategie”, commenta Alessandro Dragonetti, managing partner-head of tax di Bernoni Grant Thornton.

“La spinta all’internazionalizzazione che ne è scaturita dimostra ancora una volta la capacità di prevedere e cogliere i cambiamenti del mercato e la volontà di restare competitivi, caratteristiche tipiche delle aziende del mid-market, che si sono sapute adattare rapidamente, trasformando le difficoltà generate dalla pandemia in opportunità.

In tale contesto le imprese del comparto hanno saputo guardare alle potenzialità offerte dai mercati internazionali, sia sul fronte degli approvvigionamenti che su quello di sbocco dei propri prodotti e servizi. Sarà ora fondamentale, soprattutto in vista della imminente (speriamo) fase di ripresa, essere in grado di definire le giuste priorità a livello di piani strategici e decisionali. Taluni effetti della pandemia saranno, infatti, permanenti, cosicché il cambiamento sarà senza ritorno e tale circostanza imporrà una sempre maggiore propensione alla resilienza ed alla rivisitazione periodica dei programmi strategici”.

Il rinnovato interesse verso i mercati stranieri

Nella prima metà del 2020 le imprese, a seguito della chiusura dei mercati e delle interruzioni provocate dalla pandemia sulle catene di approvvigionamento, sono state costrette a rivedere le proprie strategie di crescita, concentrandosi maggiormente sul mercato domestico. Ma a partire dalla seconda metà dell’anno hanno cercato di adattare le proprie strategie e le risorse interne al fine di cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione. Ciò è avvenuto in maniera differente nei diversi contesti nazionali.

In tale direzione, il 39% delle aziende italiane ha dichiarato che aveva iniziato ad aumentare l’attenzione verso i mercati internazionali già prima dello scoppio del Covid-19, il 36% ha adeguato i prezzi delle transazioni durante la pandemia, per il 36% l’emergenza Covid-19 ha accelerato i piani relativi ai mercati internazionali mentre per il 25% del campione la pandemia ha, invece, rallentato i piani relativi ai mercati internazionali. Infine per il 7% delle imprese coinvolte nell’indagine l’incremento dell’attenzione verso i mercati internazionali si è verificato solo dopo lo scoppio della pandemia

Delocalizzazione della forza lavoro e catena di approvvigionamento

Si tratta di due fattori fondamentali quando si parla di internazionalizzazione. Su entrambi i fronti si sono registrati importanti effetti che hanno trainato il cambiamento, secondo il focus curato da Grant Thornton. Per quanto concerne la delocalizzazione, a livello globale il 41% delle imprese del mid-market ha identificato tale strategia come occasione per creare nuove opportunità, anche grazie all’uscita dal mercato, a causa della crisi, dei concorrenti.

Il 37% ha associato tale fenomeno ai programmi di stimolo del governo alle iniziative di investimento nei mercati esteri, circostanza, questa, confermata anche dalla maggioranza delle imprese italiane e da quelle della zona Euro, entrambe al 36%.

Per quanto concerne, invece, la rinnovata attenzione nei confronti della catena di approvvigionamento e di sbocco internazionale, il maggiore vantaggio risiede nella possibilità di assicurarsi prezzi e condizioni contrattuali migliori da fornitori e acquirenti stranieri, riferito dal 43% delle imprese, percentuale di poco inferiore in Eurozona (41%) e in Italia (42%). Mentre il 41% del campione identifica tale vantaggio nel maggiore supporto governativo ricevuto durante lo stato di emergenza, anche in questo caso con percentuali inferiori sia in Eurozona (37%) sia, soprattutto in Italia (25%).