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Brexit

Brexit ai tempi supplementari

Paolo Besio Paolo Besio

La partita tra Londra e Bruxelles sulla partnership si deciderà nel "transition period", su cui va trovato un accordo entro l’autunno.Ma le posizioni di partenza sono molto distanti. L’opzione di una modifica del modello canadese per includere i servizi finanziari. Ne discute Paolo Besio in un’intervista a Focus Risparmio.

“Il termine di ottobre 2018 per la definizione del «withdrawal agreement» è estremamente sfidante”, osserva Paolo Besio, responsabile dell'area International Tax e Transfer Pricing di Bernoni Grant Thornton. “Le posizioni sono ancora distanti, con la frangia hard Brexit che vorrebbe ridurre gli obblighi attuali a partire dal 29 marzo 2019. Qui le negoziazioni saranno anche domestiche londinesi”.

La City è determinata a preservare il proprio ruolo di piazza globale per i servizi finanziari, che contano per il 10% del Pil britannico. “Pur di rimanere all’interno del mercato unico, molti operatori che erano basati nel Regno Unito hanno preferito spostarsi, o stanno concretamente progettando lo spostamento, in paesi membri anche a fiscalità più elevata”, sottolinea Besio.

Secondo le ultime proposte la partnership potrebbe essere modellata sul Ceta, l’accordo tra UE e Canada. “Il Ceta è il modello di accordo più avanzato tra quelli stipulati dall’UE”, spiega Besio. “Tuttavia, sarà necessario integrarlo per comprendere i servizi finanziari. Occorre anche considerare la tempistica: le negoziazioni per il Ceta si sono concluse in cinque anni”.

Londra è favorevole a conservare la libera circolazione dei capitali, mentre Bruxelles ha più volte ribadito l’impraticabilità di un partenariato «à la carte». “La questione sarà chiarita nelle prossime settimane. Se verrà rispettato l’impegno di definire i termini dell’accordo di transizione entro fine marzo, gli operatori finanziari e commerciali avranno tempo per decidere se rimanere o no, prima che si consumi il divorzio definitivo”. L’impressione è che il Regno Unito, paese importatore con un deficit della bilancia commerciale di 12,2 miliardi di sterline e un’inflazione al 3%, difficilmente possa permettersi di tirare la corda fino a spezzarla.