article banner
Alert

Novità per responsabilità contrattuale

Focus su locazioni diverse dall’uso abitativo

La disposizione del Decreto Cura Italia (art.91, parte prima)

L’art. 91 del Decreto Cura Italia introduce un’importante disposizione normativa in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento.

In particolare, il Decreto prevede che il rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza da COVID-19 sono definite idonee a costituire causa di non imputabilità dell’inadempimento; in particolare, il rispetto delle misure emergenziali può escludere: (i) la responsabilità del debitore per inadempimento ex articolo 1218 c.c.; (ii) l’applicazione di decadenze; (iii) l’applicazione di penali per il ritardato o omesso adempimento.

La normativa civilistica sancisce la responsabilità del debitore che non esegua esattamente la prestazione, obbligandolo al risarcimento del danno, salvo che questi provi che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. In altri termini, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che non sia imputabile al debitore, ne esclude la responsabilità.

L’articolo 91 del Decreto Cura Italia, se agevola il debitore nel provare l’impossibilità sopravvenuta, non introduce comunque una clausola automatica di esonero da responsabilità: spetta infatti al debitore inadempiente dimostrare di aver rispettato le misure di contenimento e che proprio tale circostanza ha reso impossibile in tutto o in parte, ovvero ritardato, l’esecuzione della prestazione. L’effettiva esclusione della responsabilità contrattuale andrà vagliata in concreto – verificando se nel caso specifico si è reso impossibile l’esatto adempimento – e opportunamente motivata dal giudice eventualmente adito dalla parte non inadempiente.

La disposizione, benché rivolta direttamente al giudice chiamato a decidere della controversia, ha efficacia persuasiva anche nei confronti della parte non inadempiente: il creditore, consapevole del fatto che, nelle circostanze attuali, al ricorrere dei relativi presupposti, l’eventuale richiesta di adempimento è suscettibile di essere censurata in giudizio, dovrebbe essere incentivato a ricercare soluzioni di compromesso con il proprio debitore.


Applicazione pratica alle locazioni diverse dall’uso abitativo.

Quanto ai rapporti di locazione, non sembra vi sia spazio per invocare da parte dei conduttori l’impossibilità sopravvenuta del pagamento – totale o parziale – dei canoni di locazione relativi ai locali (negozi, uffici, aziende) attualmente non utilizzabili in ragione delle vigenti misure di contenimento.

Questo, per tre ordini di considerazioni:

  • la nozione di impossibilità che libera il debitore da responsabilità è tradizionalmente intesa in senso rigoroso, come impossibilità materiale di tenere il comportamento promesso. Con riferimento alle obbligazioni pecuniarie – cui va ricondotta la prestazione principale del conduttore, tenuto a pagare il canone pattuito – si esclude la configurabilità di una simile impossibilità, essendo il denaro un bene di genere, fungibile e sempre reperibile: la consegna di una somma di denaro non risulta mai materialmente impossibile;
  • d’altra parte, anche l’obbligazione del locatore – consistente nel consegnare la cosa locata al conduttore in buono stato di conservazione, nel mantenerla tale per tutta la durata del contratto e nel garantirne il pacifico godimento – non è né impossibile né inadempiuta: gli immobili locati restano, anche nel periodo di sospensione dell’attività, nel possesso del conduttore;
  • la sospensione delle attività, allo stato, mantiene una durata estremamente limitata rispetto a quella tipica di un contratto commerciale, tale quindi da non fare venire meno la ragione economico-sostanziale sottostante all’intero contratto (in disparte il fatto che, ad ogni modo, gli immobili locati ben potrebbero avere funzione ulteriore rispetto a quella commerciale o produttiva, fungendo anche da magazzino, ufficio, sede).

Se le scarse risorse finanziarie, nella specie dettate da mancati ricavi, non esonerano il conduttore dall’obbligo di eseguire la prestazione a titolo di impossibilità sopravvenuta, resterebbe invece percorribile la via della risoluzione del contratto per eccesiva onerosità – sempreché ritenuta applicabile ai contratti di durata in caso di eccessiva onerosità solo temporanea – che consente alla parte interessata di risolvere il contratto quando la prestazione (nella specie, il pagamento del canone) diventi troppo onerosa a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili. Chiaramente, una simile soluzione potrebbe essere di esclusivo interesse di chi intenda cessare definitivamente l’attività nell’immobile condotto in locazione.

Ad ogni modo, al locatore è riconosciuto il diritto potestativo di evitare la risoluzione offrendo di ridurre equamente l’ammontare del canone. Anche tale ultima possibilità sembra peraltro rimanere preclusa agli esercenti attività di impresa in immobili condotti in locazione rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe), atteso che l’art. 65 dello stesso Decreto Cura Italia riconosce, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo (probabilmente oggetto di proroga anche per il mese di aprile).

Questa misura, infatti, attenua significativamente, per i conduttori, il pregiudizio derivante dalla temporanea chiusura degli immobili commerciali.


Il Clever Desk e i professionisti di Grant Thornton sono a disposizione per svolgere i necessari approfondimenti relativamente a specifiche posizioni