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Riforma Fiscale: il regime di adempimento collaborativo

Paolo Besio
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Il quadro normativo di riferimento

Il legislatore italiano, anche in conseguenza degli stimoli dati a livello internazionale, ha negli ultimi anni dato sempre maggiore attenzione e importanza agli strumenti di gestione del rischio fiscale. Alcuni anni fa, nel 2015, la riforma degli interpelli, la riforma degli accordi preventivi unilaterali e l’introduzione degli accordi preventivi bilaterali, l’introduzione dell’interpello sui nuovi investimenti hanno consentito al nostro ordinamento di fare un importante passo in avanti. Il contributo più importante, in questo processo di innovazione, è tuttavia ascrivibile all’introduzione, sempre nel 2015, del regime di adempimento collaborativo, dopo il progetto pilota del 2013.

Con la riforma fiscale del 2023, il legislatore conferma la strategia già delineata, ovvero dotare i contribuenti di strumenti che consentano un approccio proattivo e preventivo di dialogo con l’amministrazione finanziaria e una gestione del rischio fiscale sempre più efficace ed efficiente.

Questo obiettivo viene raggiunto, come sempre dovrebbe essere, grazie a una revisione e un miglioramento degli strumenti esistenti, considerata l’esperienza maturata in questi anni e tenuto conto dei contributi di tutti i principali attori.

Il decreto legislativo 30 dicembre 2023 n. 221, in materia di adempimento collaborativo, rafforza la centralità del cosiddetto Tax Control Framework (TCF), accelera il processo di allargamento della platea dei contribuenti potenzialmente interessati, riconosce ulteriori effetti premiali dal punto di vista procedurale e rende più coerente il regime sanzionatorio, sia amministrativo sia penale.

Riteniamo che questo nuovo assetto normativo non debba essere considerato il punto di arrivo dell’ordinamento con riferimento a questa materia ma un punto intermedio. Gli ulteriori miglioramenti che possono (e devono) esserci potranno essere introdotti quando sia l’amministrazione finanziaria sia, soprattutto, i contribuenti dimostreranno di avere la maturità necessaria.

L’amministrazione deve essere strutturata con adeguate risorse per poter gestire le attività richieste con l’approccio che questo istituto presuppone e con la tempistica coerente con le dinamiche del business. Se così non fosse, si vanificherebbe, nella pratica, questo fondamentale strumento di dialogo, su cui il legislatore ha dichiarato di puntare per il futuro.

I contribuenti devono comprendere la responsabilità che hanno nei confronti delle economie e delle comunità in cui operano, le potenzialità che lo strumento offre e devono attuarlo con la profondità che lo stesso presuppone per poter essere adeguato allo scopo.

Come anticipato, non siamo ancora arrivati al traguardo ma esaminiamo i progressi fatti e quelli che ragionevolmente ci si aspetta.

Le caratteristiche principali del regime

Per quanto riguarda il profilo dimensionale, dal corrente anno la soglia per accedere al regime è un volume di affari o di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro; la soglia si abbasserà a 500 milioni di euro nel 2026 e a 100 milioni di euro nel 2028, entrando quindi a regime per tutti i grandi contribuenti, come già originariamente previsto nel 2015. C’è una fattispecie che consente l’accesso al regime, a prescindere dal profilo dimensionale: il contribuente che dà esecuzione alla risposta all’istanza di interpello nuovi investimenti.

Il presupposto per poter essere ammessi al regime di adempimento collaborativo è l’esistenza di un TCF, ovvero un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali, intesi quali rischi di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario.

Ricordiamo che il TCF, fermo restando il corretto e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, deve, a termini di legge, assicurare:

  • Una chiara attribuzione dei ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
  • Efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
  • Efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive;
  • Una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali.

 

Le principali novità della riforma

Relativamente alla platea dei soggetti che possono essere ammessi al regime di adempimento collaborativo, il legislatore, innovando, ha dato rilevanza al gruppo di imprese, introducendo il cosiddetto “effetto trascinamento”: tutti i soggetti che appartengono ad un consolidato fiscale nazionale possono accedere al regime, a condizione che almeno uno di essi abbia i requisiti dimensionali e che il gruppo sia dotato di un TCF idoneo.

Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate saranno fornite le linee guida per la predisposizione di un TCF efficace e idoneo allo scopo, nonché indicazioni relative alla certificazione e al suo periodico aggiornamento. Sono queste, relativamente al TCF, due novità importanti della riforma.

Per quanto riguarda la prima, le linee guida saranno certamente importanti per comprendere i requisiti minimi fissati dall’Agenzia per attestarne l’idoneità. L’auspicio è che si abbia particolare riguardo alle strutture di medie dimensioni, che dovrebbero rappresentare la maggior parte dei potenziali interessati e che normalmente non presentano le complessità, se non fosse altro che per l’aspetto dimensionale, che possono avere i contribuenti che, fino ad oggi, hanno aderito al regime. Ricordiamo, al riguardo, che la soglia iniziale era pari a 10 miliardi di euro, dopo qualche anno ridotta a 5 miliardi di euro e solo recentemente ridotta a 1 miliardo di euro.

 Per quanto riguarda la seconda, la certificazione del TCF è obbligatoria (per i contribuenti ammessi al regime dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo) e consente la riduzione di due anni dei termini di accertamento; è prevista la riduzione di un ulteriore anno in caso di rilascio della certificazione tributaria. È evidente che questa innovazione è particolarmente importante in tema di gestione del rischio: non solo perché riduce i termini di accertamento ma, soprattutto, perché riduce temporalmente il rischio che i contribuenti siano esposti a un cambiamento di interpretazione, nella prassi o in giurisprudenza, tra il momento in cui l’operazione viene compiuta e quello in cui viene verificata.

 

Le modalità di interlocuzione con l’Agenzia

I contribuenti in regime di adempimento collaborativo hanno la possibilità di discutere con l’Agenzia delle entrate, preventivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi o al compimento dell’operazione oggetto di analisi, il trattamento fiscale applicabile ad una specifica fattispecie. I contribuenti ammessi al regime beneficiano anche di una procedura abbreviata di interpello, strumento necessario per rappresentare all’Agenzia operazioni in cui ravvisi rischi fiscali. Nel caso in cui non condivida la posizione espressa dal contribuente, l’Agenzia deve motivare la propria posizione prima di formalizzare il diniego.

Nel caso in cui il contribuente comunichi mediante interpello all’Agenzia, prima della presentazione della dichiarazione dei redditi, i rischi fiscali e il comportamento tenuto corrisponda a quello rappresentato, non sono applicabili le sanzioni amministrative né quelle penali, limitatamente a quelle relative ad elementi dell’attivo. Nelle altre fattispecie, in particolare nel caso in cui il contribuente adotti una condotta riconducibile ad un rischio fiscale non significativo ricompreso nella mappa dei rischi, le sanzioni sono ridotte alla metà.

Inoltre, non si può procedere alla riscossione delle imposte e delle sanzioni fino a quando l’accertamento non sia diventato definitivo.

 

Il regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale

Un’altra importante innovazione è quella relativa al (parziale) riconoscimento del TCF al di fuori del regime di adempimento collaborativo. Limitatamente ai contribuenti che non possiedono i requisiti dimensionali per accedere al regime, è possibile realizzare un TCF, anch’esso oggetto di certificazione obbligatoria e darne comunicazione all’Agenzia. In questo caso, per le violazioni relative a rischi fiscali preventivamente comunicate mediante interpello, le sanzioni amministrative sono ridotte a un terzo e non sono punibili, sotto il profilo penale, se relative ad elementi dell’attivo.

Pur riconoscendo un’importante apertura, si poteva sperare che il legislatore osasse di più. Vediamo due limiti: il primo è relativo alla questione dei requisiti dimensionali: se il contribuente li supera, non può avvalersi di questo regime opzionale, quindi non può beneficiare della esenzione da sanzioni, amministrative e penali. In secondo luogo, non sono riconosciuti tutti gli altri benefici che sono al contrario riconosciuti ai contribuenti che sono ammessi al regime di adempimento collaborativo. Entrambi i limiti suonano eccessivamente penalizzanti rispetto a un contribuente che ha fatto un investimento importante per dotarsi di un TCF idoneo e certificato, che quindi adotta un approccio trasparente e proattivo e lo ha comunicato all’Agenzia.

 

Considerazioni finali

Rimaniamo dell’idea che i contribuenti dovrebbero dotarsi, nel loro interesse e a prescindere dai benefici riconosciuti dal sistema, di un TCF idoneo e certificato, per poter davvero presidiare e, quindi, minimizzare il rischio fiscale, comportamento fondamentale se si vuole avere una governance moderna e sostenibile, come sempre più richiesto dagli stakeholder.

Il riconoscimento tout court dell’esenzione da sanzioni, amministrative e penali, conseguente all’adozione di un TCF coerente con le linee guida che verranno fornite, certificato e comunicato all’Agenzia, in linea con quanto già riconosciuto in materia di prezzi di trasferimento a beneficio di chi si dota di documentazione idonea, avrebbe dato uno stimolo molto più forte nella direzione auspicata dal legislatore, riducendo i tempi di adeguamento agli obiettivi delineati e rendendo il nostro sistema fiscale più moderno e attrattivo. L’auspicio è che questa esenzione possa essere riconosciuta nel prossimo futuro.