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Auto in uso promiscuo – la recente evoluzione normativa

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Il Green Deal europeo, ossia l’iniziativa strategica varata dall’UE nel 2019 con il fine precipuo di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica attraverso l’adozione di una serie di misure sociali, ambientali, economiche e politiche atte a preservare la salute, la sostenibilità e la prosperità del nostro pianeta ha spinto il nostro legislatore ad intervenire nell’ultimo periodo in diversi settori economico sociali del nostro paese introducendo norme volte a favorire i processi di transizione ecologica. Il processo di transizione energetica e climatica, oltre ad aver impattato sulle nostre abitudini e sui nostri stili di vita come soggetti individuali, ha inevitabilmente coinvolto anche i principali attori del nostro sistema economico: le imprese.

Essere considerate “sostenibili”, oggi, è un elemento essenziale per essere competitivi sul mercato. I clienti privilegiano ora la sostenibilità, e i consumatori sono sempre più attenti all’impatto ambientale derivante dai processi di produzione, ed anche di trasporto, dei prodotti. Essere dotati di Certificazioni Green ora significa possedere un’”etichetta verde” da spendere in termini di apprezzamento sul mercato. È soprattutto nell’ambito di questo processo che si inserisce il presente contributo, che esaminerà nello specifico l’impatto che le modifiche “green” introdotte dal nostro legislatore hanno avuto sui parchi auto aziendali. Le Aziende, difatti, oltre al fattore “green” in meri termini di immagine, nella scelta del loro parco auto aziendale, devono ora fare i conti con le “penalizzazioni” introdotte dal nostro legislatore con riferimento alle auto a motore termico assegnate ad uso promiscuo ai propri collaboratori.

È noto come la concessione di auto ad uso anche personale rappresenti una prassi fortemente diffusa tra le imprese, soprattutto se i lavoratori sono impiegati in ruoli direttivi o apicali, compreso il mandato sociale di Amministratore. Oppure, quando l’auto aziendale sia strumentale all’esecuzione dell’attività lavorativa, come ad esempio se destinata al personale impiegato nel settore commerciale. Tuttavia, rappresentando l’assegnazione dell’auto ad uso promiscuo un fringe benefit per il lavoratore, questo si riflette sui costi aziendali, in considerazione del fatto che su questa forma di retribuzione in natura il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi previdenziali. Ne consegue che maggiore è il valore del fringe benefit, maggiore sarà il costo sostenuto dall’Azienda.

Il primo passo, il nostro legislatore, lo ha mosso attraverso la Legge di Bilancio 2020, prevedendo, a decorrere da luglio 2020, una differente quantificazione del fringe benefit sulla base delle tabelle ACI. Sebbene la percorrenza convenzionale di 15.000 Km sia rimasta immutata ai fini del calcolo della retribuzione in natura, la percentuale standard del 30% è stata sostituita da differenti percentuali, crescenti e progressive, che hanno penalizzato le auto con elevate emissioni di CO2. A titolo esemplificativo, se per le emissioni di CO2 sino a 60g/KM è stata introdotta la favorevole percentuale del 25%, per le emissioni superiori a 190g/km è stata prevista la più penalizzante percentuale del 60%. In uno scenario economico dove l’attenzione ai costi aziendali è diventata preminente e rappresenta un aspetto fondamentale per i Manager delle imprese, la costruzione di un parco auto aziendale sostenibile è diventato un elemento quasi imprescindibile, quanto meno non più trascurabile per ridurre i costi aziendali. Non va altresì trascurato come il fringe benefit, costituendo come detto retribuzione in natura, sia tassato anche in capo al lavoratore a livello sia fiscale che previdenziale, con la conseguenza che all’aumentare del valore della retribuzione in natura, in misura inversamente proporzionale si riduce il netto in busta paga del lavoratore. E anche la soddisfazione, soprattutto della classe Manageriale, in Azienda, è un aspetto cui necessariamente va prestata attenzione. Ma è con la Legge di Bilancio 2025 che l’assegnazione delle auto ad uso promiscuo subisce una leva ancora maggiore in termini di spinta verso il “green”, in quanto il legislatore introduce a decorrere dal 2025 una netta distinzione tra i motori a combustione interna rispetto a quelli elettrici. Non sono più i valori di emissione di CO2 a stabilire il quantum della retribuzione in natura, ma la discriminante è il tipo di alimentazione dell’auto.

I veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica vengono premiati attraverso la previsione di una percentuale, sempre riferita all’importo corrispondente alla percorrenza convenzionale di 15.000 km annui calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, del 10%. Meritevoli di una tassazione agevolata sono anche i veicoli elettrici plug-in, per i quali la percentuale è stabilita nella misura del 20%. Le altre categorie di auto che non rientrano nelle due precedenti casistiche (motori termici o ibridi non plug-in) vengono invece penalizzati attraverso la previsione di una percentuale del 50%. Diventa quindi fondamentale fare delle scelte ecologiche se si intende contenere il costo del lavoro, anche alla luce dei recenti chiarimenti forniti dall’AE in materia di ricariche elettriche affrontati nella sezione “Approfondimento” del nostro Tophic. La materia, inoltre, è stata ripetutamente oggetto di circolari di prassi da parte dell’AE, per via dei dubbi interpretativi sorti in funzione di norme non chiarissime che si sono succedute nel tempo generando ampie zone di incertezza interpretativa. E non sempre le conclusioni cui è pervenuta l’AE sono state condivise dagli addetti ai lavori e da parte della dottrina tributaria, soprattutto con riguardo alle indicazioni fornite in merito all’applicazione, in alcune situazioni particolari, del “valore normale” del bene per la determinazione del fringe benefit tassabile.

Sono diversi i parametri da valutare per la corretta determinazione della retribuzione in natura, dalla data di immatricolazione del veicolo alla data di stipula del contratto con il lavoratore, dalla data di ordinazione a quella di effettiva assegnazione del veicolo. Una scelta che si potrebbe presumere ponderata, come ad esempio una eventuale riassegnazione di un’auto presente nel parco aziendale ad un altro lavoratore, deve necessariamente essere condivisa con gli esperti del settore in quanto può celare criticità in termini di tassazione a seconda dell’alimentazione del veicolo.

Ulteriori criticità possono poi a titolo esemplificativo emergere, come più specificamente analizzato nella sezione “Il Parere dell'Esperto” del nostro Tophic, quando le auto aziendali vengono dotate di optional, come non di rado accade per l’espressa richiesta del lavoratore accolta dall’Azienda. Sono insomma molteplici gli aspetti critici che possono impattare sulla fiscalità e sugli oneri aziendali. Sono innumerevoli le circolari, le risoluzioni e le risposte ad interpelli che si sono susseguiti e che l’AE ha diffuso in questi ultimi anni, le quali investono anche il tema della deducibilità fiscale ai fini del reddito di impresa, differente a seconda del tipo assegnazione del veicolo in Azienda. Ma la necessità di avere contezza dei costi aziendali resta sempre la stessa, ed il supporto di esperti professionisti diventa fondamentale per dirimere dubbi, elaborare budget di spesa, rispondere a particolari esigenze, e soprattutto, permettere alle Aziende di fare scelte ponderate nell’ottica della reciproca soddisfazione di impresa e lavoratore, contemperando – al tempo stesso - un modello di sostenibilità non più differibile, che consolida e rafforza il brand dell’impresa ma che richiede, altresì, la capacità di districarsi in un sistema di regole ogni giorno più complesso. 

Norme e Benefit: il punto sulle auto aziendali

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