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Oltre la crisi: la ripresa “a V” e le nuove leve strategiche dell’alta orologeria

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Il 2020 ha rappresentato una crisi storica per l'alta orologeria. Con la chiusura delle manifatture e l'azzeramento dei flussi turistici, le esportazioni di orologi svizzeri sono crollate del 24%, attestandosi a 16,1 miliardi di CHF, contro i 21,2 miliardi di CHF del 2019. Il "lockdown" globale ha infatti colpito il cuore del modello di business pre-pandemico, che si basava in larga parte sul travel retail e sull'acquisto d'impulso nelle grandi capitali del lusso. L'azzeramento di questo flusso ha agito come un elettroshock per l'intero settore. La reazione delle maison non è stata dettata dal panico; al contrario, hanno risposto con una gestione strategica della crisi, congelando i lanci di nuovi prodotti e raddoppiando la gestione della scarsità. Invece di svendere o cercare volumi in un mercato depresso, i grandi gruppi hanno preferito proteggere l'esclusività e il valore percepito, una mossa controintuitiva che ha evitato la svalutazione del brand. Questo stress test ha premiato i modelli di business più resilienti.

Ciò che è seguito è stata una "ripresa a V" di straordinaria intensità. Un rimbalzo che ha sorpreso per la sua rapidità e che ha superato velocemente i livelli pre-Covid. Già nel 2023, le esportazioni hanno raggiunto il valore record di 25,5 miliardi di CHF. Questa crescita esplosiva è stata alimentata da nuovi driver: una domanda repressa, certo, ma soprattutto un boom del collezionismo, con l'orologio percepito sempre più come bene rifugio in un contesto di incertezza economica che ha spinto i capitali verso "hard assets" tangibili e trasportabili, e una crescita esponenziale del mercato USA. Quest'ultimo, in particolare, è diventato il primo mercato mondiale, superando la Cina, grazie a una combinazione di stimoli fiscali, un'esplosione di nuova ricchezza (spesso legata al mondo tech e crypto) e una nuova cultura del lusso focalizzata sul collezionismo maschile.

La pandemia e la successiva ripresa hanno accelerato la transizione verso una struttura di mercato oligopolistica e selettiva. Questo fenomeno è noto come "flight to quality": in tempi di crisi, i consumatori non smettono di spendere, ma concentrano la loro spesa su brand percepiti come più sicuri, iconici e in grado di mantenere il valore nel tempo. I dati sono inequivocabili: Rolex da sola controlla oltre il 30% del mercato globale, e le prime quattro maison (Rolex, Cartier, Omega e Patek Philippe) superano complessivamente il 50%. Per i brand al di fuori di questo "club", lo spazio di manovra si è ridotto drasticamente. Faticano a ottenere visibilità mediatica, a garantirsi spazi nei canali distributivi multimarca (sempre più dominati dai "Big 4") e a giustificare il loro pricing power in assenza di una domanda speculativa o di uno status iconico consolidato.

La competizione non si basa più sul prodotto, spesso tecnicamente eccellente anche tra i brand minori, ma sulla capacità di creare e sostenere un brand di livello oligopolistico. Il successo di questo settore si fonda su leve intangibili, definite "leve identitarie" del lusso simbolico:

  1. Scarsità: La gestione strategica della limitata disponibilità. Non si tratta di una scarsità "reale" (incapacità produttiva), ma di una scarsità "orchestrata". Significa produrre costantemente meno della domanda di mercato per alimentare liste d'attesa, generare conversazione e trasformare l'acquisto da una semplice transazione a una conquista, un privilegio concesso dal brand;
  2. Selettività: Il controllo rigoroso dei canali distributivi e della clientela. Questo si traduce nella riduzione drastica dei rivenditori autorizzati multimarca a favore di boutique monomarca gestite direttamente. Controllando il punto vendita, la maison controlla l'esperienza del cliente, i dati di vendita e, soprattutto, decide "a chi" vendere i modelli più richiesti;
  3. Desiderabilità: Il risultato finale di questa gestione, che si traduce in brand equity, pricing power e un asset intangibile di valore crescente. È il "Santo Graal" del lusso: la capacità di aumentare i prezzi di listino anno dopo anno (pricing power) senza intaccare la domanda, ma anzi, rafforzandola. La desiderabilità trasforma l'orologio da oggetto a simbolo di status, un biglietto d'ingresso in un club esclusivo.

Il successo di queste leve è misurabile. Tra l'agosto 2018 e il gennaio 2023, il CAGR (Compound Annual Growth Rate) per Rolex, Patek Philippe, Audemars Piguet, leader nel mercato secondario, è stato in media del +20%. Nello stesso periodo, l'indice S&P 500 si è fermato a una media dell'8%. Questo differenziale non è solo una statistica, ma la prova che l'orologio di lusso è diventato un asset finanziario alternativo. L'alta orologeria ha dimostrato di poter generare un "alfa" finanziario disconnesso dai mercati tradizionali, basato non su asset fisici, ma su una gestione magistrale degli intangibili, meritevoli di tutela e preservazione.

Strategie competitive degli operatori dell'alta orologeria

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