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Approfondimento

Smart Working e sostenibilità

Nel 2020 ci si è posti per la prima volta la domanda “Lo smart working fa bene all’ambiente?”, ancora “Il fatto che gli uffici siano chiusi e i lavoratori non si debbano recare in ufficio ha un impatto positivo sull’atmosfera?” In assenza di dati scientificamente certi,  EcoAct, società statunitense che accompagna le aziende ad affrontare le sfide del cambiamento climatico, ha elaborato, insieme a Lloyds Banking Group e NatWest Group, un report intitolato “Homeworking emissions whitepaper” proprio per capire come il lavoro da remoto impatta l’ambiente. La risposta però non è netta…

E’ vero che nelle condizioni attuali le aziende hanno ridotto sia Scope 1 e sia Scope 2, ovvero le emissioni dirette ed indirette, tuttavia risulta difficile determinare l’impatto generato dai dipendenti che lavorano da casa. Il report però aiuta ad arrivare a una risposta identificando gli indicatori che possono determinare l’impatto ambientale del lavoro da remoto.

Il primo indicatore è il consumo energetico dovuto all’uso dei dispositivi elettronici necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa quotidiana da parte di ogni dipendente, per trovare una risposta consideriamo che un laptop ha un consumo energetico tra i 50 e i 100Wh e che pertanto utilizzato per 8 ore al giorno il consumo annuale va dai 150 ai 300kWh che a loro volta danno luogo, con il coefficiente di efficienza elettrice italiano 0.3 – 0.4, alla generazione di circa 150-300 kg di CO2 . 

Il secondo indicatore è il consumo per il riscaldamento dovuto al fatto che le persone sono costrette ad aumentare il proprio utilizzo. Su questo indicatore si deve considerare il fatto che le fonti di energia consumata sono sia il gas naturale sia l’energia elettrica.

Il terzo indicatore è l’energia consumata per il raffreddamento delle abitazioni. In questo caso saranno considerate solo le emissioni da consumo dell’energia elettrica.

Dobbiamo infine considerare il numero di giornate di Smart working nella settimana lavorativa, a questo scopo introduciamo il concetto di “Smart Working FTE” in cui un dipende che lavora da casa 2 giorni su 5, viene indicato con 0.4 Smart Working FTE.

Sul fronte dei risparmi, Il lavoro a distanza permette di evitare l’emissione di circa 600 chilogrammi di anidride carbonica all’anno per lavoratore (-40% rispetto al 2018) con notevoli risparmi in termini di tempo (circa 150 ore), distanza percorsa (3.500 km) e carburante (260 litri di benzina o 237 litri di gasolio). È quanto emerge dallo studio ENEA sull’impatto ambientale dello smart working a Roma, Torino, Bologna e Trento nel quadriennio 2015-2018, pubblicato sulla rivista internazionale Applied Sciences.

“Nel nostro Paese circa una persona su due possiede un’autovettura, vale a dire 666 auto ogni 1000 abitanti, un dato che pone l’Italia al secondo posto in Europa per il più alto tasso di motorizzazione, dopo il Lussemburgo”, ha spiegato Roberta Roberto, ricercatrice ENEA del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili e co-autrice dell’indagine, insieme ai colleghi di altri settori dell’agenzia Bruna Felici, Alessandro Zini e Marco Rao.

In Italia i trasporti sono responsabili di oltre il 25% delle emissioni totali nazionali di gas ad effetto serra e quasi tutte (93%) provengono dal trasporto su gomma, con le automobili a fare la parte del ‘leone’ (70%). “Il lavoro agile e tutte le altre forme di lavoro a distanza, tra cui lo smart working, hanno dimostrato di poter essere un importante strumento di cambiamento in grado non solo di migliorare la qualità di vita professionale e personale, ma anche di ridurre il traffico e l’inquinamento cittadino e di rivitalizzare intere aree periferiche e quartieri considerati dormitorio”, ha aggiunto la Roberto.

In base alle risposte di un campione di 1.269 lavoratori agili della PA nelle quattro città prese in esame, che negli spostamenti casa-lavoro usano il mezzo privato a combustione interna, ogni giorno di lavoro a distanza permetterebbe di evitare 6 kg di emissioni dirette in atmosfera di CO2 e risparmiare 85 megajoule (MJ) di carburante pro capite. Ma i benefici ambientali non si fermano qui: l’analisi ha evidenziato una riduzione anche di ossidi di azoto a persona al giorno (dai 14,8 g di Trento ai 7,9 g di Torino), monossido di carbonio (da 38,9 g di Roma a 18,7 g di Trento) e PM10 (da 1,6 g di Roma a 0,9 g di Torino), PM2,5 (da 1,1 g di Roma e Trento a 0,6 g di Torino). Inoltre, per gli spostamenti extra-lavorativi nei giorni di smart working il 24,8% del campione dichiara di aver optato per modalità più sostenibili (mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta), l’8,7% ha modificato le proprie scelte in favore del mezzo privato, mentre il 66,5% non ha cambiato le proprie opzioni di mobilità.

“Abbiamo scelto queste quattro città per due motivi: il primo riguarda le loro peculiarità legate al territorio e al profilo storico che fanno supporre impatti diversificati sulla mobilità urbana, mentre il secondo – e anche il più pratico – risiede nell’alto numero di risposte al questionario che abbiamo ricevuto dai dipendenti pubblici di queste quattro città che in media lavorano da casa 2 giorni a settimana”, ha sottolineato Bruna Felici, ricercatrice ENEA dell’Unità Studi, Analisi e Valutazioni.

Dai dati raccolti emerge che in media il campione percorre 35 km al giorno per una durata di 1 ora e 20 minuti. Roma si conferma la città più critica, con un tempo di percorrenza medio di 2 ore, probabilmente a causa delle maggiori distanze (1 lavoratore romano su 5 percorre più di 100 km al giorno) e del traffico più intenso. Infatti, nella capitale gli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro e studio sono circa 420 mila mentre ogni persona trascorre nel traffico 82 ore all’anno.

Circa la metà del campione dichiara di viaggiare esclusivamente con mezzi di trasporto privati a motore (47% in auto e 2% su due ruote), mentre il 17% viaggia esclusivamente con i mezzi pubblici e il 16% con un mix di trasporto pubblico/privato. Trento risulta la città con il maggior ricorso a mezzi privati a combustione interna negli spostamenti casa-lavoro (62,9%), seguita da Roma (54,4%), Bologna (44,9%) e Torino (38,2%). “La mobilità privata offre soluzioni flessibili in termini di risparmio di tempo e autonomia di movimento, soprattutto per chi ha figli in età scolare. Il trasporto pubblico, invece, viene scelto principalmente in un’ottica di risparmio denaro o in caso di mancanza di parcheggi”, ha concluso Alessandro Zini, ricercatore ENEA dell’Unità Studi, Analisi e Valutazioni.

In conclusione, non esiste una risposta certa alla domanda se lo Smart working faccia bene all’ambiente, ma ciascuna Azienda può applicare i criteri descritti pesati secondo le caratteristiche della propria popolazione aziendale e quindi individuare la più efficace applicazione dello Smart working e l’incentivazione di determinati mezzi di trasporto per recarsi sul posto di lavoro.