article banner
Overview

Recenti evoluzioni nel mercato dell’M&A turnaround

Classificato in maniera definitiva come “pandemia globale”, si è constatato che il Covid ha apportato in maniera repentina molteplici cambiamenti strutturali su tutto il sistema economico e competitivo globale, ridisegnando le filiere produttive, modificando i rapporti con la forza lavoro e, soprattutto, stravolgendo le condizioni di approccio al mercato e al cliente.

Tutto questo, evidentemente, ha avuto un impatto significativo sulle dinamiche dei cash flow di tutte le aziende che, nella maggior parte dei casi, si sono trovate nel pieno di una delle crisi finanziarie più difficili di sempre e, soprattutto, nella necessità di dare priorità alla gestione della tesoreria prima ancora di quella operativa.

In situazioni distressed, la capacità di trasformarsi e adattarsi velocemente alle nuove condizioni sarà una caratteristica fondamentale delle aziende che vorranno gestire la crisi e non subirla. Da qui, si configura il ruolo essenziale delle strategie di turnaround, anche attraverso operazioni di M&A, oramai uno strumento sempre più imprescindibile per affrontare il cambiamento e rendere le aziende più resilienti al nuovo contesto.

Per quanto concerne l’attuale situazione nazionale, secondo un report condotto da AIFI, con il supporto di Back to Profit, nel 2021 sono state stimate circa 1.700 aziende potenzialmente in crisi, rappresentative di un fatturato aggregato di 55 miliardi di euro, e circa 170 mila dipendenti. Si tratta di aziende dalle dimensioni molto variegate e, nonostante il buon andamento operativo (ebitda positivo), cominciano a soffrire del peso di una situazione debitoria sempre più pressante.

In queste situazioni il fattore tempo è cruciale e la possibilità di rilanciare un’impresa in maniera rapida ed efficace presuppone sempre più spesso il coinvolgimento di operatori specializzati che, oltre ad avere ingenti dotazioni finanziarie, possano apportare standing, know-how e networking commerciale. In Italia la presenza di tali operatori, sebbene in forte crescita, è ancora piuttosto modesta, in parte dovuto ad una rigidità del sistema giuridico e normativo ancora molto complesso, interpretabile e lento.

Durante l’epicentro del periodo pandemico e dunque lungo il corso di tutto il 2020, il segmento del turnaround ha pertanto mantenuto un ruolo di nicchia, dove le operazioni promosse da istituzioni finanziarie sono state 9 per un valore di 172 milioni di euro, rispetto alle 7 con ammontare complessivo di 96 milioni di euro del 2019, segnando una grande crescita, di circa l’80 percento rispetto all’anno precedente. Invece per quanto riguarda, l’ammontare medio investito per deal di turnaround nel 2020 si è attestato a circa 19,1 milioni di euro.

Nel primo semestre 2021, secondo un report condotto da AIFI sul mercato del private equity in Italia, le operazioni di investimento promosse da operatori di turnaround sono state pari a 6 per un valore complessivo di 27 milioni di euro, dato in netta crescita rispetto il medesimo periodo del 2020, dove si era registrata una sola operazione di turnaround per un controvalore di 1 milione di euro.

Questo dato risulta fortemente significativo se si tiene in considerazione l’interruzione del business dato dal lockdown lungo il corso della prima metà del 2020 e la conseguente situazione di dissesto in cui si sono ritrovate molte aziende nel primo semestre 2021.

È evidente che con l’aumentare delle situazioni di financial distressed, le opportunità da parte degli operatori specializzati di perfezionare operazioni di M&A turnaround aumentano in maniera considerevole, ampliando lo spazio di un segmento di mercato fino ad oggi pressoché sconosciuto.

Nel giro dei prossimi anni assisteremo alla configurazione di tale tipologia di operazione quale strategia finanziaria atta a favorire il rilancio di molte realtà, rivitalizzando una fase del loro ciclo di vita estremamente critico.

Questo soprattutto in concomitanza alle nuove misure dispiegate dal governo negli ultimi mesi a sostegno dell’emergenza e di conseguenza, grazie alle modalità in cui gli investitori istituzionali possono oggi sostenere il tessuto imprenditoriale del nostro Paese.