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Il parere dell'esperto

Gestione attiva dei crediti per la tenuta del sistema

Le chiusure imposte dal Covid-19 hanno fatto precipitare le industrie italiane in una situazione che non si vedeva dal 2009, quando la crisi finanziaria era diventata una crisi economica: il 2020 si è, infatti, concluso con una diminuzione della produzione industriale rispetto all'anno precedente di circa l’11,4% (dati ISTAT). Tale flessione è estesa a tutti i principali raggruppamenti di industrie e nel caso dei beni di consumo, è la più ampia mai registrata.

Quali potranno essere gli effetti sul sistema bancario? Il settore bancario si sta preparando ad una nuova ondata di crediti deteriorati, se moratorie e sostegni del governo ne hanno consentito la tenuta, ora si rischia di fare i conti col problema: sempre più famiglie e imprese faranno fatica a ripagare i prestiti ricevuti.

In questo contesto, un ruolo di primo piano lo svolgeranno sicuramente gli investimenti aggiuntivi nell’ambito Next Generation Ue; se gli interventi saranno effettivamente destinati alle riforme strutturali (pubblica amministrazione, giustizia, istruzione, necessità di crescita inclusiva per giovani e donne) allora ci si può attendere una ripresa economica che innalzerà i tassi di recupero dei crediti con conseguenze favorevoli per le banche.

Rimane comunque indispensabile prevedere delle misure per sostenere le singole banche in quanto un alto livello di crediti inesigibili può rappresentare un problema per effetto dei vincoli di bilancio, di redditività e di capitale (la crisi del 2009 e il fallimento di Lehman Brothers hanno insegnato qualcosa).

Saranno necessarie capacità di ristrutturazione avanzate, operando in maniera diversa a seconda della tipologia di credito deteriorato che si tratti di UTP Unlikely To Pay (ovvero le inadempienze probabili, crediti in difficoltà ma ancora per gran parte recuperabili) oppure di NPL Non Performing Loans (ovvero sofferenze, crediti verso soggetti in stato di insolvenza e recuperabili solo parzialmente).

Quali le strategie per gli UTP? Gli UTP sono più difficili da valutare per le banche rispetto agli NPL, trattandosi principalmente di crediti verso grandi e medie aziende, per definizione maggiormente complessi rispetto a crediti derivanti da asset immobiliari. Gli UTP richiedono elevate competenze (industriali e finanziarie) per essere gestiti, ma sottendono un tasso di recupero elevato se si interviene prontamente avviando processi che prevedano la nuova finanza e un piano di ristrutturazione (a volte eseguito anche tramite investitori esterni).

La chiave di svolta sarà proprio questa: trasformare una minaccia, ovvero che l’UTP si degradi ulteriormente e diventi NPL, in una opportunità, ovvero che l’UTP torni ad essere un credito buono con effetti positivi sui bilanci delle banche. In questo caso sarà importante il coordinamento tra i diversi interlocutori al tavolo: le banche che investiranno erogando nuova finanza e le imprese in difficoltà che devono presentare piani di ristrutturazione adeguati a ottenerla.

Ancora una volta sarà determinante l’advisor finanziario, soggetto capace di allineare gli interessi degli interlocutori e di mettere a disposizione le sue competenze distintive nell’ambito dei processi straordinari. L’advisor finanziario dovrà dal lato dell’imprese assisterle nella predisposizione di modelli di business più semplici con una struttura di costi rivisitata che sfrutti anche l’opportunità di apportare cambiamenti sul piano digitale, dal lato delle banche affiancarle per effettuare valutazioni a livello industriale e studiare interventi di istituzioni terze o investitori per risollevare le aziende. In tal senso importante è stata la risposta delle istituzioni pubbliche.

Va in questa direzione il neocostituito Fondo salvaguardia imprese, veicolo gestito da Invitalia con una dotazione di circa €300 milioni, con lo scopo di acquisire partecipazioni di minoranza nel capitale di rischio di imprese in difficoltà che propongano un piano di ristrutturazione credibile (anche attraverso il trasferimento di impresa) atto a garantire la continuità aziendale e salvaguardare l’occupazione.

Quali strategie per gli NPL? Nel caso delle sofferenze, parliamo di crediti in stato di insolvenza e solo parzialmente recuperabili che, conseguentemente, richiedono un approccio diverso, più mirato alla loro gestione per evitare che pesino sui bilanci delle banche con rischi di redditività e conseguenti possibili default (la crisi del 2009 ci ha insegnato che dalla salute delle banche dipende l’intera economia).

In questo caso, quindi, la proposta per favorire il settore è sicuramente la costituzione di una Asset management company (AMC) o Bad bank europea, istituzione realizzata in forma pubblica, a cui verrebbero conferiti gli NPL a valori ragionevoli (di modo da non svalutare pesantemente i bilanci delle banche conferenti) e che da sola si occuperebbe nel tempo di smaltire i crediti non performing.

Per prevenire critiche a tale meccanismo, si potrebbe, inoltre, prevedere che, anziché cedere tutte le sofferenze bancarie senza limiti temporali, potrebbero essere ceduti alla eventuale AMC o Bad bank solo gli NPL (sofferenze) oggetto di rapporti contrattuali stipulati tra l’istituto bancario ed il cliente a partire dal 31 Gennaio 2020, data corrispondente alla dichiarazione dello stato di emergenza per crisi Covid.

La Bad bank che rappresenta uno strumento efficace e funzionale al sistema bancario, limitando anche i costi per la comunità, eviterebbe sostanzialmente che gli effetti della crisi economica generati dalla pandemia possano ricadere sulle singole banche e, successivamente, sui cittadini (che subirebbero un’inevitabile stretta creditizia).

In conclusione, possiamo ritenere che la tenuta del sistema italiano nei prossimi anni dipenderà per gran parte da come verranno affrontate le sfide del recovery plan (o meglio della sua attuazione) e della gestione dei crediti deteriorati in arrivo. Per vincere la sfida dei crediti sicuramente bisognerà trasformare la minaccia del debito in opportunità e per farlo sarà decisiva una gestione proattiva con la regia di istituzioni pubbliche e advisor finanziari che dovranno fungere da necessario anello di congiunzione tra le imprese in difficoltà e le banche.

BPM

Banco Bpm ha chiuso il 2020 con un utile di circa 21 milioni di euro, in calo rispetto ai circa 797 milioni di euro del 2019. Tra le voci che hanno pesato sul conto economico figurano circa 1,34 miliardi di euro di rettifiche su crediti (+71,7% sul 2019) di cui circa 50 milioni di euro relativi all'emergenza Covid-19.

MPS

MPS ha chiuso il 2020 in profondo rosso con una perdita di 1,7 miliardi di euro, le rettifiche su crediti sono ammontate a circa 748 milioni di euro, di cui circa 348 milioni euro derivanti dagli effetti del Covid-19.