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Approfondimento

Una formula per il successo

Come accennato precedentemente, la Due Diligence finanziaria analizza e approfondisce, tra le altre cose, tre elementi imprescindibili: EBITDA, Posizione finanziaria netta ed il Capitale circolante netto. Questi, infatti, costituiscono tipicamente le basi della valorizzazione della Società (o Gruppo di Società o Ramo d’azienda) oggetto della transazione.

Tipicamente ai fini della valorizzazione sintetica (escludendo quindi i metodi di attualizzazione dei flussi di cassa prospettici) viene utilizzata la seguente formula:

Prezzo/valore = Enterprise value* +/- Posizione finanziaria netta + Capitale circolante netto al Closing – Livello di Capitale Circolante Normale

* Enterprise Value (EV) = EBITDA x Multiplo

 

Ovviamente, dalla formula base ci possono essere infinite deviazioni che dipendono dalle caratteristiche intrinseche della Società che si sta analizzando o dalle peculiarità di un determinato settore. Infatti, sovente capita di includere altri elementi nella formula sopra citata, quali ad esempio i c.d. surplus assets (come immobili e asset che non hanno generato EBITDA nel periodo di riferimento).

Senza entrare nei meandri della dottrina della valutazione d’azienda, possiamo definire l’EV come il valore “lordo” della Società oggetto di analisi, che dipende dalla sua redditività, l’EBITDA, e dal multiplo di mercato che è una sintesi di una moltitudine di considerazioni che l’investitore effettua su una determinata Società operante in uno specifico settore.

Definiamo l’EV come valore “lordo” della Società, perché non considera la struttura patrimoniale della società, ovvero il mix di capitale di rischio e di debito che finanziano le attività aziendali. In quest’ottica risulta dunque essenziale analizzare la posizione finanziaria netta e il capitale circolante netto, al fine di definire il c.d. equity value della Società (vale a dire il prezzo per il 100% della Società).

Per queste ragioni, la Due Diligence finanziaria si concentra nell’analisi dell’EBITDA, della Posizione finanziaria netta e delle dinamiche di capitale circolante netto.

 

L’analisi dell’EBITDA normalizzato

Il quesito fondamentale nell’osservare l’EBITDA è il seguente: “l’EBITDA riportato dalla contabilità è rappresentativo della capacità di generare reddito da parte della Società?”.

In questo interviene la Due Diligence, ovvero partendo dall’EBITDA, così come emerge dai conti della Società, identifica tutti gli elementi distorsivi che, se esclusi ovvero inclusi, portano all’EBITDA normalizzato vale a dire quello che è più rappresentativo della Società ed è quello che interessa all’acquirente e agli altri soggetti coinvolti (ad esempio i finanziatori dell’operazione).

Determinare l’EBITDA normalizzato, significa individuare tutti gli elementi di costo o di ricavo che incidono in maniera distorsiva su questo valore. Possiamo raggruppare questi elementi in quattro gruppi:

  1. Elementi contabili, questi rappresentano distorsioni dell’EBITDA per effetto di errori contabili o per la peculiarità di alcune regole o principi contabili. Il tipico esempio è la contabilizzazione del leasing: secondo i principi contabili italiani viene registrato in contabilità come se fosse operativo, mentre la prassi valutativa e dell’M&A vuole che il leasing venga considerato come una metodologia di finanziamento, quindi di fatto considerandolo un debito escludendo quindi i canoni dall’EBITDA riportato;

  2. Elementi non ricorrenti o cessanti, nella vita di un’azienda ci possono essere infinite casistiche di costi o ricavi non ripetibili. Basti pensare ad esempio ai costi di riparazione per un evento atmosferico straordinario, piuttosto che ad un contributo straordinario ricevuto;

  3. Normalizzazioni, in questo caso si intendono valori che sono stati registrati correttamente in contabilità, ma per loro natura potrebbero impattare in un senso o nell’altro il valore dell’EBITDA di un determinato anno. Il tipico esempio è la svalutazione dei crediti. Una società potrebbe svalutare un volume significativo di crediti accumulati nel corso di più anni in un solo esercizio, penalizzando in maniera distorsiva l’EBITDA di quell’anno, ed implicitamente portando beneficio agli altri anni;

  4. Pro-formizzazioni: vale a dire l’esclusione o l’inclusione di ricavi / costi che non sono riflessi nel perimetro attuale dell’operazione, ma lo saranno in maniera prospettica. Si pensi ad esempio ad una linea produttiva cessante, ovvero a nuova linea operativa solo negli ultimi mesi dell’anno oggetto di Due Diligence.

L’analisi di tutti questi elementi porta a determinare l’EBITDA normalizzato.

Ribadiamo nuovamente che la Due Diligence finanziaria non si limita solo a questa analisi da un punto di vista economico. Infatti, si analizzano anche gli elementi fondanti e fondamentali della redditività della Società, come ad esempio l’andamento e la concentrazione dei ricavi, la marginalità di prodotti e servizi e i costi di struttura. Le analisi che si svolgono in questo campo sono molteplici e dipendono dal settore e dalle peculiarità della Società oggetto di analisi.

 

L’analisi della Posizione finanziaria netta

Con Posizione finanziaria netta (o PFN) si intende la somma dei debiti finanziari al netto delle disponibilità di cassa. Tuttavia, nell’ambito di un’operazione di M&A vi sono una serie di considerazioni che influiscono su questo valore ed anche in questo caso si parla di PFN normalizzata.

La Due Diligence finanziaria ha l’obiettivo di individuare gli elementi che possono essere inclusi nel calcolo della PFN, ovvero i c.d. cash-like items ovvero elementi assimilabili alla cassa e che quindi vanno a migliorare la PFN o cd. debt-like items, ovvero gli elementi che peggiorano la PFN poiché equiparabili a debiti.

Tra i cash-like items possiamo citare ad esempio gli investimenti in strumenti finanziari prontamente liquidabili.

Mentre tra i debt-like items vi sono tutti gli elementi di debito che possono essere considerati come finanziari; un tipico esempio sono i debiti verso fornitori scaduti. Inoltre, vanno considerati gli elementi che non vengono catturati dalla contabilità e dal bilancio della Società, i c.d. off-balance sheet items. Questi rappresentano le future uscite di cassa che l’investitore dovrà affrontare dopo l’ingresso nel capitale della Società. L’esempio più ricorrente è probabilmente il debito per leasing contabilizzato secondo il metodo operativo sulla base dei principi contabili italiani, come visto sopra.

In linea di principio, tutto ciò che è escluso da EBITDA fa parte della PFN normalizzata, mentre tutto ciò che è incluso (al netto di immobilizzazioni e surplus asset / liabilities) fa parte del capitale circolante netto.

 

L’analisi della stagionalità del Capitale Circolante Netto normalizzato

Il Capitale Circolante Netto (o CCN) è definito come la somma algebrica dei crediti commerciali, dei debiti commerciali, del magazzino e degli altri crediti e debiti correnti. Le dinamiche del CCN sono molto importanti perché incidono direttamente sulle disponibilità di cassa della Società. Infatti, possiamo dire che il CCN è lo specchio del profilo di cassa della Società, ovvero i suoi movimenti sono diametralmente opposti ai movimenti di cassa.

Ad esempio, una Società attiva in un settore caratterizzato da una forte stagionalità avrà un capitale circolante inevitabilmente influenzato dal proprio business, in base alle tempistiche delle proprie vendite e dei propri approvvigionamenti. Questa stagionalità ha un impatto sull’ammontare di cassa in un determinato momento e di conseguenza sulla PFN, in quanto la PFN è una fotografia ad una data specifica nel tempo.

Di conseguenza, acquirente e venditore potrebbero trarre vantaggio o svantaggio dal fatto che la Società si trovi in un momento di deficit di CCN (quindi con maggiore cassa) o con un surplus di CCN (minore cassa).

La Due Diligence finanziaria si concentra su questi aspetti per poter comprendere il profilo di CCN (e quindi di cassa) della Società oggetto di transazione, al fine di definire un meccanismo che possa garantire una transazione ad un prezzo equo non inficiato dagli effetti della stagionalità del business.

Generalmente viene fissato un livello di CCN di riferimento, tramite un meccanismo di compensazione di cassa in base al valore del CCN al momento della chiusura della transazione. Avremo quindi due scenari: (i) un aggiustamento a favore dell’acquirente se il CCN è inferiore a quello di riferimento, e (ii) un aggiustamento in favore del venditore se il CCN è superiore a quello di riferimento.