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Approfondimento

Lo Smart Working da ieri a oggi

La nuova frontiera del mondo del lavoro

Oggi, più che mai, nel nostro Paese si è verificata un'ondata di cambiamento nel mondo del lavoro; lavoratori che non prestano più la loro attività lavorativa in ufficio, ma che con estrema flessibilità e capacità di adattamento, sono riusciti a trasformare, in collaborazione con i propri datori di lavoro, il proprio domicilio (o altro luogo caro) nella cosiddetta sede di lavoro.

Tutto questo si può semplificare in una sola parola: smart working o lavoro agile

Pur avendolo applicato autonomamente e senza sforzo alcuno, la domanda che più ci poniamo in questo periodo è proprio la seguente: di cosa si tratta esattamente? Ebbene il presente articolo è proprio mirato a spiegare, in poche semplici parole, cos'è lo smart working, questo nuovo strano mezzo di lavoro, che ad oggi si è identificato come il miglior strumento di flessibilità e di esecuzione della prestazione lavorativa.

Lo smart working nasce negli anni '70 e si concretizza in Italia solo a seguito dell'entrata in vigore della Legge n. 81/2017 che ne ha posto le fondamenta. Nello specifico, lo smart working si identifica come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro.

Durante lo smart working, la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, senza una postazione fissa entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

In altre parole, su base di apposito accordo, il lavoratore svolgerà parte della propria attività lavorativa presso la sede ordinaria di lavoro e parte all'esterno, in qualsiasi altro luogo a sua scelta. Il tutto nel pieno rispetto dei limiti di orario massimo giornaliero e settimanale fissati dalla legge e dal CCNL applicato, con diritto del lavoratore a disconnettersi al termine dell'orario contrattuale.

Lo smart working, di norma, necessita la sottoscrizione di un apposito accordo individuale, che deve essere successivamente notificato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali mediante apposita comunicazione telematica da effettuarsi sul sito Cliclavoro.

Attenzione a non confondere lo smart working con il telelavoro: quest'ultimo implica l'esecuzione della prestazione lavorativa esclusivamente presso il domicilio del lavoratore.

Lo smart working si identifica come strumento di flessibilità non solo con riferimento alla prestazione lavorativa, ma anche in termini di obblighi in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Infatti, nel lavoro agile, tale obbligo si considera estinto con la semplice consegna da parte del datore di lavoro di un'informativa scritta, nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Il lavoratore, a sua volta, è tenuto a cooperare nell'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro e riportate nella stessa informativa.

In merito ai diritti del lavoratore, anche in smart working quest'ultimo continuerà ad essere tutelato contro gli infortuni occorsi nel luoghi di lavoro e ad avere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda. Non solo, al lavoratore agile potrà essere riconosciuto il diritto all'apprendimento permanente.

Come anticipato nella premessa, lo smart working oggi (volente o nolente) è diventato per molti un nuovo strumento di flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, a fronte di una emergenza di livello pubblico nazionale che sta colpendo il nostro paese: il Covid-19, cosiddetto Coronavirus.

Proprio perché utilizzato come strumento di flessibilità, lo smart working all'epoca del Coronavirus ha subito qualche piccola modifica per renderlo il più possibile e immediatamente applicabile.

Si è partiti con il DPCM del 25 febbraio 2020, che ha raccomandato l'impiego dello smart working, ove possibile, nelle prime regioni identificate come zone rosse (Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna), con riferimento alle aziende site in tali regioni ed ai lavoratori che vi risiedevano o avevano ivi domicilio, anche se espletavano la propria prestazione lavorativa al di fuori di dette zone, senza obbligo di accordo individuale con i lavoratori coinvolti nel lavoro agile.

Successivamente, con l'aggravarsi e l'estensione dello stato di emergenza, il DPCM del 1° marzo 2020 ha esteso la raccomandazione circa lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile su tutto il territorio nazionale. In particolare, per la durata dello stato di emergenza (ad oggi deliberato sino al 31 luglio 2020), il governo ha raccomandato l'impiego dello smart working ad ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla legge.

Infine, vista l'efficacia di questo strumento, non solo in termini di esecuzione della prestazione lavorativa, ma anche come forma di contenimento della diffusione del virus, le future misure normative (in primis il cosiddetto Decreto Rilancio) prevedranno, per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano almeno un figlio minore di 14 anni, il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in smart working fino alla cessazione dello stato di emergenza.

Ad oggi sono molte le aziende che hanno puntato su questa nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (in Italia circa 570 mila lavoratori). Le motivazioni del forte ricorso al lavoro agile non risiedono solo nel fatto di non avere alternative, ma nascono anche dai benefici che lo smart working ha dimostrato di portare con sé, in termini socio-economici.

Senza ombra di dubbio, il lavoro agile si configura come strumento di conciliazione dei tempi di vita e lavoro per i lavoratori, soprattutto per le lavoratrici donne; si tratta di puro welfare che consente al prestatore di lavoro di organizzare concretamente la propria attività lavorativa in un'ottica a 360 gradi, senza rinunciare ad impegni privati o al proprio tempo libero da condividere in famiglia, migliorando la propria qualità di vita, della salute, del benessere personale.

Si è dimostrato anche strumento di risparmio per le aziende; con una corretta applicazione dello smart working anche il datore di lavoro assume dei benefici in termini di consumi energetici e di acquisto/affitto di spazi di lavoro. Ed infine, ha iniziato a guadagnarci anche l'ambiente; con la sospensione dello spostamento dei lavoratori, si sono registrate forti riduzioni delle emissioni di CO2.

In conclusione, alla luce dei dati (pro)positivi che sono emersi in questi ultimi due mesi e mezzo, è evidente sempre di più che lo smart working, scoperto e vissuto in un periodo così difficile per il nostro Paese, si è dimostrato lo strumento di flessibilità vincente di oggi e la nuova frontiera del mondo del lavoro di domani, un nuovo strumento di garanzia della parità del trattamento uomo-donna, dove prevale la capacità professionale e dove vince (finalmente) la meritocrazia.


Smart working & cybersecurity

Tutte le organizzazioni si sono trovate a dover adottare la modalità di lavoro remoto a causa del diffondersi del Coronavirus e, conseguentemente, del lockdown imposto dalle Autorità.

La modalità di lavoro remoto non è quindi frutto di una decisione consapevole, di carattere strategico, quanto di una scelta obbligata; ciò ha portato molte imprese, non ancora pronte a lavorare con questa nuova modalità, a dover velocemente realizzare soluzioni tecniche e organizzative che garantissero la propria continuità operativa.

Il panorama italiano sullo Smart Working pre Covid-19, così come illustrato dalla ricerca dell’Osservatorio «Smart Working» del Politecnico di Milano, con dati aggiornati all’ottobre 2019, dipingeva una realtà italiana disomogenea con una netta differenziazione tra le grandi imprese e le piccole medie imprese.

Da tale rapporto appariva infatti evidente come, se per ben più della metà delle Grandi Imprese lo smart working fosse ormai un tema comune, (circa il 70% di queste ha già in essere modalità di lavoro agile, più o meno formale o stava per avviare tali iniziative), il livello di maturità delle PMI italiane risultava molto più basso con solo il 12% di queste che aveva già avviato progetti strutturati e il 18% che si apprestava a farlo.

Le ragioni di tale arretratezza delle PMI era dovuta soprattutto alla difficoltà ad applicare il modello ‘lavoro agile’ sulla propria realtà nonché alla resistenza interna del Management.

Dalla fine di febbraio il panorama è stato però stravolto dalla pandemia che ci ha colpito; la quotidianità viene sconvolta e, conseguentemente, anche il nostro modo di lavorare: lo Smart Working è diventata una scelta obbligata.

Come sempre accade quando vengono adottate soluzioni di contingency senza la dovuta preparazione, si ottengono i benefici sperati lavorando sull’efficacia delle soluzioni ma si trascura di considerare l’efficienza delle soluzioni stesse, andando incontro a rischi non adeguatamente valutati, gestiti e monitorati.

Ecco allora che, con l’auspicato avvicinarsi di una fase di rientro alla normalità, seppur non immediata e con tempi non ancora ben definiti, molte imprese stanno cercando di mettere a frutto quanto appreso della situazione occorsa, e, tra i vari argomenti in agenda, l’utilizzo del lavoro agile, che passa dall’applicazione in una situazione emergenziale a quella di un uso regolare e consapevole, è sicuramente uno degli aspetti prioritari.

Ma tale decisione per essere effettivamente consapevole, deve portare con se l’analisi di tutti i fattori di criticità emersi; il lavoro agile amplifica infatti una serie di rischi, tra i quali quelli di Cybersecurity, che è bene conoscere per poterli affrontare, gestire e mitigare.

Ma quali rischi possono comportare la compromissione della Riservatezza, dell’Integrità e della Disponibilità delle informazioni aziendali? Come sempre quando si tratta di Cybersecurity il tema deve essere affrontato sia del punto di vista organizzativo che da quello tecnico.

Partendo dal punto di vista tecnico, la pandemia ha ulteriormente diffuso l’utilizzo della dotazione informatica personale anche per uso ‘professionale’ (Bring Your Own Device – BYOD), non solo ai dispositivi mobili ma anche ai Personal Computer. Le domande da porsi sono allora diverse:

  • Come sono protetti questi PC (ad es. antivirus, antimalware, configurazione,..)?
  • Come viene protetta la comunicazione con la rete aziendale? (autenticazione forte? cifratura?)
  • Come è protetta la rete di casa?
  • Che strumenti di collaboration utilizzo? Sono opportunamente configurati?
  • Che politiche di backup utilizzo?

Questi sono solo alcuni degli aspetti che devono essere adeguatamente analizzati ma non sono i soli; a questi devono infatti essere affiancati i rischi di carattere organizzativo e relativi alle persone, ai dipendenti e collaboratori che la pandemia ha portato all’isolamento, alla mancanza di confronto, allo scambio di informazioni con il proprio ‘vicino’ di scrivania; ciò ha portato ad un’ulteriore diffusione degli attacchi di Phishing e di social engineering quali ad esempio, false email da entità ritenute affidabili per cercare di carpire informazioni personali riservate.

Una volta identificati i Rischi, ci si deve quindi preoccupare di come questi possono essere mitigati, o attraverso azioni volte a diminuirne la probabilità di accadimento ovvero, ove questo non sia possibile, e la pandemia è proprio uno di questi casi, agendo sulla limitazione dell’impatto nel caso in cui un rischio si dovesse perpetrare. Ancora una volta l’argomento va affrontato sia dal punto di vista tecnico che da quello organizzativo. Abbiamo quindi voluto elencare una serie di interventi che riteniamo utili per la gestione dei Rischi Cyber in ambito Smart Working:

  • Dispositivi: estendere la fornitura dei dispositivi aziendali; per i BYOD utilizzare soluzioni di MDM per compartimentale la parte ‘personale’ da quella ‘professionale’
  • VPN: attenzione alle configurazioni ed a mantenere le VPN up-to-date
  • Strong Authentication: inserire soluzioni di MFA (MultiFactor Authentication) per l’autenticazione degli utenti a più fattori
  • Cifratura: cifrare i dati sia sulla rete (VPN) ma anche sul dispositivo
  • Backup: definire policy e soluzioni di backup per limitare l’impatto di un’eventuale perdita di informazioni
  • Controllo e monitoraggio: adottare soluzioni e servizi di SOC (Security Operations Center)
  • Test di robustezza dell’infrastruttura e dell’impianto organizzativo: vulnerability assessment e penetration test – simulazioni di phishing
  • Policy e procedure: predisporre policy e procedure affinché le persone lavorino secondo regole e procedure chiare e ben definite; nulla deve essere lasciato al caso e all’improvvisazione anche in termini di ruoli e responsabilità
  • Formazione e sensibilizzazione: lavorare sulla formazione delle risorse, sull’uso sicuro delle tecnologie, e sensibilizzare adeguatamente le risorse sui rischi cyber
  • Piani di continuità operativa: pensare, per chi non lo avesse mai fatto o ripensare a seguito degli eventi di questi mesi, ai piani di continuità operativa

Proprio su quest’ultimo aspetto un’ulteriore approfondimento può essere fatto in questo periodo così difficile, andando a verificare quali processi aziendali, anche di supporto, quali l’amministrazione o il back-office, possono essere in qualche modo automatizzati, ad esempio tramite soluzioni di Robot Process Automation (RPA). Tali soluzioni infatti, oltre a portare ad un contenimento dei costi operativi,  comportano una minor dipendenza dal fattore umano, rendendosi quindi utili, se non indispensabili, nel momento in cui la disponibilità delle persone si rende un fattore critico.

 

Lo smart working come strategia di Cost Management

Alcuni “take away” in epoca Covid-19

Il “cost management” è un insieme di azioni, quasi sempre preventive, mirate a individuare e gestire le cause dei costi con alcune finalità ben precise. Tra gli obiettivi delle strategie di cost management vi sono:

  1. Cogliere i legami tra i costi e la creazione di valore
  2. Aumentare l’efficacia delle decisioni aziendali salvaguardandone l’efficienza nel complesso
  3. Coniugare effetti di breve termine con quelli di lungo termine.

In un momento drammatico quale quello attuale, condizionato dai profondi cambiamenti apportati dal fenomeno Covid-19, le azioni di cost management (come qualsiasi altra azione urgente) vanno:

  • accelerate
  • adattate ai cambiamenti in essere

L’obiettivo, in tali situazioni, è preservare al massimo la marginalità (ebitda) a fronte del calo del fatturato e delle complicazioni generali di incasso.

Le voci di costo sulle quali intervenire sono molteplici. Il fattore critico del successo di tale intervento è quello di non agire in maniera c.d. “lineare” ma in maniera strategica e coordinata, evitando di inficiare sulle azioni di contenimento e di recovery che, quantunque potenzialmente gravose nel momento specifico, posso risultare vitali per l’azienda nell’immediato futuro; è inevitabile, pertanto, che qualsiasi azione miri a porre al centro della strategia il cliente.

Nel periodo Covid-19, una delle soluzioni proposte e attuate per permettere a moltissimi lavoratori di continuare le proprie mansioni quotidiane è lo smart working, l’unico modo efficace per la maggior parte delle imprese per preservare una parte delle operations tutelando l’incolumità della propria forza lavoro.

Ma come può lo smart working essere utilizzata come leva strategica per l’implementazione di attività di cost management mantenendo inalterata la centralità del cliente?

Le aree di impatto dello smart working sono molteplici, evidentemente non tutte di immediata rilevanza per il fenomeno Covid-19 ma, in linea di principio, tutte considerabili come un forte mitigatore.

Nella tabella di cui sopra sono stati citati solo alcuni dei risparmi conseguibili attraverso la leva operativa dello smart working la cui quantificazione, evidentemente, dipende da caso a caso.

Ci sono diversi studi condotti da varie istituzioni, sia scientifiche sia professionali, che hanno tentato di quantificare l’impatto economico di tale attività. Il Telework Research Network è uno degli osservatori internazionali più autorevoli a riguardo e, attraverso una indagine condotta su alcuni dei principali Paesi Occidentali (tra i quali USA, Canada e UK), ha stimato che su un singolo dipendente si può arrivare a un risparmio generale di 10 mila euro all’anno se il lavoratore è al 100% in modalità “smart”.

E’ chiaro che, soprattutto nel lungo periodo, è necessario considerare tre ulteriori aspetti che incidono a favore dello smart working come leva di cost management.

In conclusione, lo smart-working è la nuova frontiera del cost management, ed è proprio dalle nuove regole che questo sta scrivendo sul mercato del lavoro che le attività di gestione dei costi dovranno partire.