Parere dell'esperto

Crisi d’impresa e valutazione d’azienda

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La disciplina della crisi d’impresa presenta molteplici connessioni con il processo di stima dell’azienda.

I percorsi di risanamento, sia giudiziali che stragiudiziali, in continuità e non, prevedono spesso soluzioni come la cessione dell’impresa o anche l’affitto della stessa ad un soggetto terzo, in grado di proseguire l’attività salvaguardandone il valore mediante la cd. continuità indiretta.

In questo perimetro vi è quindi la necessità di definire il “valore dell’azienda” e, conseguentemente, effettuare una valutazione in un contesto differente da quello di normale operatività.

Nella prassi, i motivi principali che spingono alla valutazione dell’impresa in crisi da parte di un Esperto, sono quelli di individuare il valore: (i) di cessione; (ii) del congruo canone d’affitto; (iii) di cessione in un ipotetico scenario di liquidazione giudiziale (sia esso mediante cessione dell’intero compendio aziendale o dei singoli asset); (iv) riservato ai soci al termine del risanamento; (v) in ipotesi di operazioni straordinarie.

In tali circostanze, la valutazione effettuata dall’Esperto assume una duplice valenza: da un lato, rappresenta una stima del valore generato dal buon esito della manovra di risanamento predisposta dall’imprenditore; dall’altro, costituisce un elemento informativo rilevante per il ceto creditorio, al fine di agevolare una consapevole valutazione della convenienza economica e finanziaria della proposta formulata dal debitore.

Nella propria attività valutativa, l’Esperto deve operare in condizioni di indipendenza, adottare un adeguato scetticismo professionale, analizzare le assunzioni poste alla base del Piano, analizzare l’attività svolta dall’attestatore o dal soggetto incaricato dell’IBR e, qualora ritenga sussistano ulteriori elementi non considerati nel Piano, apportare gli opportuni aggiustamenti.

A titolo esemplificativo, la valutazione di un’azienda in crisi deve considerare le variabili endogene, come ad esempio: la potenziale perdita di risorse chiave, l’evoluzione del rapporto con i fornitori strategici, le condizioni contrattuali sottoposte ai clienti e le variabili esogene, come ad esempio: le dinamiche del settore di riferimento e l’andamento del mercato, che potrebbero influenzare la sostenibilità della manovra di risanamento.

La valutazione

I Principi Italiani di Valutazione richiedono all’Esperto di esprimere nel proprio elaborato:

  • la finalità
  • l’oggetto
  • l’unità
  • la configurazione del valore
  • la data

A parere di chi scrive, nell’ambito della valutazione delle aziende in crisi, una volta chiariti i presupposti sopra elencati, risulta fondamentale che l’Esperto, nell’esposizione del proprio iter logico argomentativo, si soffermi e rifletta con attenzione in merito al quesito, se la valutazione di un’impresa in crisi deve essere effettuata in funzione del trend storico, oppure della situazione attuale o del Piano industriale prospettico che comprende la manovra di risanamento.

Il valutatore è tenuto a considerare e analizzare congiuntamente tutti e tre i momenti temporali, riconoscendo che l’ultimo – rappresentato dal Piano prospettico – costituisce uno scenario potenziale, nel quale i dati risultano prevalentemente derivanti da stime. Il trend storico, nella maggior parte dei casi, non può essere assunto quale unico parametro di riferimento, in quanto i risultati conseguiti potrebbero riflettere una struttura societaria profondamente diversa da quella attuale e da quella a risanamento avvenuto (sono comunque dati fondamentali su cui porre l’attenzione). Risulta dunque essenziale, nell’analisi dei risultati, individuare la fase del ciclo di vita in cui l’impresa si colloca nella fase valutativa, nonché le variabili che hanno consentito alla stessa il conseguimento delle performance rilevate.

È, quindi, di fondamentale importanza comprendere se la propria valutazione deve essere impostata secondo una logica as is o to be.

Nel primo caso, la valutazione non tiene conto delle assunzioni poste alla base della manovra di risanamento, fotografa la società nella situazione in cui la stessa si trova, operando degli aggiustamenti al fine di individuare con puntualità il perimetro oggetto di potenziale cessione.

Nel secondo caso, invece, il valutatore deve considerare il valore in funzione dell’esecuzione della manovra di risanamento e porre l’attenzione sulle assunzioni alla base della stessa. A parere di chi scrive, è di fondamentale importanza quantificare il rischio che l’ipotizzata manovra si possa discostare da quella preventivata nel corso degli esercizi (rischio di execution), analizzare come le variazioni possano influenzare il piano e se l’impresa ha previsto eventuali correttivi in grado di far rispettare la strategia originaria (risultano quindi fondamentali scenari di stress test, analisi di sensitività e l’appostazione di Fondi rischi generici nel piano di risanamento). Assumendo, inoltre, che il Piano possa presentare un aumento del grado di incertezza con il passare del tempo (arco temporale del Piano), è opportuno definire un tasso di attualizzazione incrementale differente per ogni singolo esercizio futuro.

Con riguardo all’individuazione e alla quantificazione dei rischi - attività che incide direttamente sulla determinazione del tasso di attualizzazione da adottare (sia esso il WACC o il costo del capitale proprio, Ke) - l’Esperto è tenuto a prestare particolare attenzione al rischio di double counting, considerando che le manovre di risanamento elaborate in contesto di crisi incorporano assunzioni di carattere prudenziale, pertanto, i dati a sua disposizione riflettono stime già formulate in tal senso.

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Gestione della crisi d’impresa: valutazioni economiche

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