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L’imposta sui servizi digitali in Europa

Le imprese che non approvano l’introduzione di misure unilaterali negli Stati membri dell’UE stanno perdendo le speranze, dal momento che ormai sono pochi i Paesi che devono ancora decidere se e come agire. Man mano che la digitalizzazione dell’economia continua a creare sfide per la tassazione globale, alcuni Paesi hanno cominciato a pianificare e implementare l’imposta sui servizi digitali.

Alcune member firm di Grant Thornton in UE hanno raccolto le proprie opinioni su come i rispettivi Paesi stanno considerando le varie proposte per tassare l’economia digitale.

Negli ultimi cinque anni l’OCSE ha lavorato per uniformare il sistema fiscale secondo una prospettiva globale attraverso il piano d’azione BEPS e l’azione numero 1 è volta proprio a risolvere le difficoltà legate all’economia digitale.

Dopo un inizio lento, il lavoro ha cominciato a procedere più rapidamente e il 23 gennaio 2019 l’OCSE ha pubblicato una nota sulle sfide della digitalizzazione. L’OCSE ha aumentato i propri sforzi alla luce della maggiore pianificazione per l’imposta digitale. E il programma proposto è molto fitto: a febbraio 2019 sarà rilasciato un documento per la consultazione pubblica, a marzo si terranno le consultazioni, a maggio si svolgerà un incontro dell’“Inclusive Framework” e a giugno un aggiornamento dei ministri delle finanze del G20.

In breve:

  • L’obiettivo è quello di raggiungere, entro il 2020, un consenso multilaterale a una soluzione a lungo termine, con possibili grandi cambiamenti che coinvolgono le multinazionali (e non solo i principali gruppi operanti nel settore tecnologico). Il piano tiene conto di aspetti derivanti dalle precedenti proposte fatte da diversi Paesi, inclusi USA, UK e Germania.
  • L’“Inclusive Framework” sul BEPS mira ad affrontare queste sfide su una base multilaterale coordinata, per attenuare le crescenti tensioni all’interno dell’architettura fiscale internazionale, riconoscendo che un numero di Paesi hanno intrapreso misure unilaterali negli ultimi anni, e questo non è di aiuto.
  • Due opzioni sono ora tenuti in considerazione:
    1. Modernizzazione delle normative fiscali internazionali esistenti per tenere conto dei cambiamenti nei modelli di business dovuti alla digitalizzazione
    2. Introduzione di una norma di inclusione del reddito e di una norma contro l’erosione della base imponibile per rispettare i requisiti BEPS.

Una tutela ben accolta concerne la dichiarazione che qualsiasi nuova norma non deve risultare in una tassazione quando non c’è un ritorno economico, né in una doppia imposizione. Si evidenzia inoltre l’importanza della certezza fiscale e il bisogno di strumenti efficaci per la prevenzione e risoluzione delle controversie.

Tuttavia, è molto probabile che le linee guida definitive coinvolgeranno un gruppo di imprese molto più ampio rispetto ad alcune delle misure provvisorie mirate implementate dai singoli Paesi.

I Paesi che hanno aderito

Dal momento che la Commissione Europea non ha ancora raggiunto un consenso sulla proposta originaria di un’imposta sui servizi digitali del 3%, riproposta a marzo 2018, alcuni Paesi hanno preso in mano la situazione e hanno implementato misure “provvisorie” a livello locale.

UK

Nel Regno Unito, il Cancelliere dello Scacchiere ha annunciato l’introduzione di un’imposta sui servizi digitali il 29 ottobre 2018. L’imposta, che si applicherà ai ricavi piuttosto che agli utili, è una deroga al normale protocollo, che prevede l’applicazione delle imposte agli utili.

L’imposta sarà applicata con un’aliquota del 2% ai ricavi derivanti da determinati servizi digitali ed entrerà in vigore da aprile 2020. L’imposta si applica ai ricavi di specifici modelli di business digitali in cui i ricavi sono collegati alla partecipazione degli utenti UK.

L’imposta si applicherà solo a tre settori:

  • Motori di ricerca
  • Piattaforme social media
  • Vendite online

Il governo UK ritiene che questi modelli di business generano un valore significativo dalla partecipazione dei propri utenti. L’imposta sui servizi digitali non è un’imposta sulla vendita online di beni, quindi si applicherebbe solo ai ricavi derivanti dall’intermediazione in questo tipo di vendite, non alla vendita in sé.

È in corso una consultazione per definire l’ambito di applicazione, il meccanismo e la finalità dell’imposta e il governo UK ha annunciato che se e quando si raggiungerà un consenso internazionale, revocherà i provvedimenti locali.

Francia

La Francia è il Paese di più recente adesione al gruppo. Il ministro delle finanze Bruno Le Maire ha recentemente affermato che un disegno di legge sarà presentato al Parlamento francese entro la fine di febbraio.

L’imposta proposta si applicherebbe a quei gruppi che operano nell’economia digitale con un fatturato consolidato annuale oltre i €750 milioni ($850 milioni) e con almeno €25 milioni di fatturato generato in Francia. Quest’ultima soglia è inferiore rispetto a quella proposta dalla Commissione UE, ma applicabile solo alla Francia.

L’aliquota dipenderà dal fatturato e non dovrà superare il 5%.

Spagna

Anche la Spagna ha introdotto misure provvisorie proponendo un’imposta sui servizi digitali del 3%. La proposta è stata presentata per la consultazione pubblica lo scorso anno, è stata approvata dal governo e passata al Congresso per l’approvazione finale.

Dovrebbe esserci un periodo di transizione di tre mesi, dopo il quale l’imposta entrerà in vigore.

L’imposta sarà riscossa per capire dove gli utenti finali in Spagna rappresentano un contributo essenziale alla creazione del valore per le imprese straniere. Nello specifico, l’imposta sarà applicata al reddito lordo (IVA esclusa) nel caso dei seguenti servizi digitali:

  • Pubblicità online
  • Servizi che consistono nel rendere disponibili interfacce digitali (servizi di intermediazione) che permettono agli utenti di interagire tra loro, o facilitano la fornitura di beni o servizi sottostanti direttamente tra gli utenti
  • Vendita di dati generati dagli utenti.

L’imposta sui servizi digitali spagnola si applicherebbe ai gruppi multinazionali con ricavi netti globali superiori a €750 milioni, e con ricavi generati in Spagna di almeno €3 milioni, soglia bassa rispetto ad altri Stati.

L’imposta si applicherebbe solo quando i dispositivi digitali dell’utente sono situati in Spagna o utilizzati da un territorio spagnolo e per determinare la posizione dell’utente si userà generalmente l’indirizzo IP.

Italia

Anche l’Italia è entrata recentemente a far parte del gruppo di Paesi che hanno implementato misure in campo di imposta sui servizi digitali. Una nuova imposta è stata infatti introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 il 1 gennaio 2019.

L’imposta si applicherà ai servizi digitali effettuati nell’anno solare a livello individuale o di gruppo, da soggetti passivi stabiliti in Italia o meno. Questo implica un alto livello di coinvolgimento dell’utente, che però deve trovarsi in Italia. Inoltre, l’imposta non si applica alle operazioni infragruppo.

In questa fase, le caratteristiche dell’imposta italiana sono in linea con quelle proposte dall’UE: infatti l’aliquota è pari al 3% della base imponibile e l’imposta si applica ai soggetti passivi con ricavi totali di oltre €750 milioni, di cui almeno €5,5 milioni derivino dall’esecuzione di servizi digitali in Italia.

Il Ministro delle Finanze dovrà emettere un decreto attuativo nei prossimi mesi (entro il 20 aprile 2019) e l’imposta sarà effettiva dopo sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L’amministrazione finanziaria dovrà poi fornire delle linee guida sull’applicazione dell’imposta.

Romania

La Romania ha recentemente assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea e l’imposta digitale rimane un tema importante.

Secondo il documento “Taking forward the Strategic Agenda 18-month Programme of the Council (1 January 2019 – 30 June 2020)”, redatto dalla presidenza rumena, finlandese e croata e dall’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, assicurare un’imposizione giusta ed efficace rimane una priorità per l’UE. C’è un reale bisogno di adattare i sistemi fiscali all’era digitale. In questo senso, i tre presidenti porteranno avanti i lavori sulla base delle proposte della Commissione, in linea con le conclusioni del Consiglio dell’UE.

I Paesi che non hanno aderito

I Paesi Bassi, l’Irlanda e il Lussemburgo fanno parte di quei Paesi che hanno espresso forti riserve sui progetti della Commissione Europea circa l’imposta sui servizi digitali. Nei Paesi Bassi, per esempio, l’introduzione dell’imposta non è tra le priorità al momento. Anche altri Stati membri, tra cui la Grecia, hanno espresso preoccupazioni rispetto all’approccio della Commissione UE.  

I Paesi che non hanno preso posizione

Sorprendentemente, la Germania non ha portato avanti un suo progetto sull’imposta digitale, nonostante alcuni iniziali tentativi, insieme alla Francia, di ridurre l’ambito di applicazione dell’imposta solo alle vendite delle internet company.

Forse l’introduzione di un’imposta sui servizi digitali non avverrà nell’immediato futuro, ma non potrà essere esclusa a tempo indeterminato.

Inoltre, sebbene il Belgio si stia opponendo all’imposta sui servizi digitali come proposta dalla Commissione Europea, la sua opposizione non è così aperta rispetto ad altri Paesi. Il Belgio richiede chiarezza su una serie di aspetti della proposta, ma è ben disposto a partecipare a ulteriori discussioni e potrebbe quindi convincersi ad implementare la soluzione proposta a tempo debito.

Conclusioni

Le priorità esistenti, tuttavia, sembrano essere ancora molto diverse.

Dal momento che i programmi della Commissione UE sono stati passati al vaglio dei leader internazionali, i singoli Paesi hanno cominciato a seguire strade indipendenti. Sembra improbabile che quei Paesi che si sono opposti per principio a questo tipo di imposta continueranno per molto a non volerla accettare man mano che sempre più Paesi decideranno di introdurla. Tuttavia, le imprese adottano al riguardo un atteggiamento molto prudente, poiché molte vedono l’imposta sui servizi digitali come un freno all’innovazione e non adeguatamente mirata.

Ciononostante, con l’OCSE che spinge verso la collaborazione globale, forse vedremo maggiori sforzi verso una tassazione più coesa a livello internazionale in un’economia digitale globale, e questo darebbe maggiore speranza alle imprese.

Per ulteriori informazioni, contattate Paolo Besio.