Nel sistema nazionale merita una particolare riflessione la risposta ad interpello n. 214 del 19 agosto 2025 che non appare in contrasto con le conclusioni della commentata sentenza, in quanto affronta una tematica, alquanto diversa, ancorché correlata ad un sistema di TP adjustment, e che si riferisce esclusivamente alla modifica a posteriori dei prezzi relativi alle operazioni effettuate tra le parti.
In effetti, come riconosciuto dallo stesso Avvocato generale nelle conclusioni relative al caso C-726/23, ma anche sulla base dei documenti del Comitato IVA (i.e. Working paper 923) e del documento 071 del VEG, non sembra possibile pervenire ad una univoca soluzione, ma è necessario procedere caso per caso, ponendo particolare attenzione a quella che è la reale volontà delle parti.
Nella citata risposta ad interpello, in effetti, è sottolineata la necessità che esista un nesso diretto della rettifica con l’operazione originaria, rispetto alla quale è operata una rettifica rispetto alla pattuizione iniziale.
Nella risposta ad interpello 214/2025, l’Agenzia delle entrate si sofferma sulla analisi della originaria volontà delle parti, le quali avrebbero attribuito all’iniziale operazione un valore provvisorio rispetto a quello che dovesse essere il prezzo definitivo dell’operazione, ancorché operato a seguito di aggiustamenti di prezzo derivanti anche da una valutazione sui vantaggi economici da attribuire alla società acquirente per consentirle una opportuna remunerazione (e vantaggio economico), pur se basata su principi analoghi a quelli definiti dall’OCSE in tema di transfer pricing.
Nel caso di specie, si tratta di un Gruppo internazionale che svolge attività di “produzione e distribuzione a livello mondiale di una rilevante tipologia di dispositivi elettrici, elettroottici, sistemi di interconnessione, connettori da assemblaggio, prodotti wireless”, e di cui fa parte una società italiana, che svolge attività di distribuzione operando previamente gli acquisti presso la società estera del gruppo, che gestisce il portafoglio prodotti, la rete commerciale/distributiva e lo sviluppo di nuove tecnologie di prodotto, oltre ad intervenire nelle negoziazioni con i clienti terzi.
In base al contratto di distribuzione tra la società italiana e la società estera di gestione, inizialmente, è stabilito un prezzo di vendita “provvisorio” dei beni che successivamente in base ad una politica di TP adjustment, fondato sull'utilizzo, in termini reddituali, del TNMM (Transactional Net Margin Method), comporta delle variazioni del prezzo iniziale per assicurare alla società italiana un “margine netto di libera concorrenza”. Per raggiungere questo risultato le parti in causa determinano i prezzi di vendita dei prodotti tra di loro solo a consuntivo. In effetti, a parere dell’istante, le modalità utilizzate, in base contrattuale, per il raggiungimento dello scopo si fondano sostanzialmente su una “rettifica” del prezzo iniziale, che risulta strettamente connessa con l’ammontare del prezzo delle singole operazioni e come tale una conseguenza della determinazione provvisoria del prezzo iniziale. Al riguardo, come già osservato in passato dall’Agenzia delle entrate (cfr. risposta ad interpello n. 60 del 2 novembre 2018), è necessario che si realizzino le seguenti condizioni: i) esistenza di uno stretto legame tra le operazioni effettuate ed il pagamento di un ulteriore corrispettivo riferito alle stesse operazioni; ii) qualificazione dell’ulteriore pagamento quale corrispettivo aggiuntivo; iii) individuazione delle singole operazioni a cui si riferisce l’incremento di valore.
A parere dell’Amministrazione finanziaria, è necessario rilevare che il sistema di TP adjustment attiene sostanzialmente al sistema delle imposte sul reddito ed in quanto tale sarebbe escluso dall’assoggettamento ad IVA. Per contro, ai fini dell’IVA, la rilevanza delle operazioni deriva come già detto dall’esistenza di uno stretto rapporto tra l’operazione iniziale e quella finale (rideterminata). In particolare, è necessario che le parti abbiano concordato che ciò che muta è proprio l’ammontare del prezzo di ciascuna operazione che solo, a consuntivo, consente alle parti di rilevare il reale corrispettivo da pagare. Deve, perciò, trattarsi di “una variazione in aumento o in diminuzione della base imponibile delle cessioni di beni originariamente effettuate tra le parti”, che derivi, sostanzialmente dalla “esistenza di un collegamento diretto tra le medesime somme e le predette transazioni”.
Ciò comporta che, pur avvenendo periodicamente gli aggiustamenti di prezzo, le rettifiche del prezzo iniziale si realizzeranno attraverso l’emissione di idonee note di “variazione in aumento o in diminuzione della base imponibile delle cessioni di beni originariamente effettuate tra le parti”, e deriveranno dalla esistenza di una idonea pattuizione originaria in tal senso, necessitando della specifica individuazione delle singole operazioni e delle relative fatture da assoggettare a modifica, con l'indicazione analitica di ciascuna rettifica.
In questo contesto, le variazioni possono considerarsi riferite a ciascuna delle operazioni iniziali da rettificare e, come tali da assoggettare ad imposta sul valore aggiunto secondo le regole dell’operazione originaria.
In conclusione, solo in mancanza di questi specifici collegamenti con le operazioni effettuate, vale a dire quando “non siano specificati tale predeterminazione e di conseguenza il collegamento diretto, gli aggiustamenti sono considerati semplici assegnazioni di utili che hanno il solo fine di adeguare i margini di profitto ai valori previsti dal principio di libera concorrenza e perciò esclusi dal campo di applicazione dell'IVA”.
