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Overview

Cosa cambia dopo l’ultimo decreto in materia di Whistleblowing?

Il c.d. whistleblowing è un istituto che è stato introdotto per la prima volta in Italia nel 2012 dalla c.d. legge Severino, in relazione al solo settore pubblico e successivamente è stato parzialmente esteso al settore privato dalla L. 179/2017.

Su queste basi e in attuazione di obblighi comunitari scaturenti dalla direttiva (UE) n. 2019/1937, il 15 marzo scorso, l’Italia ha dato attuazione ad una complessiva riforma dell’istituto, promulgando il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, in tema di «protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e […] delle disposizioni normative nazionali».

In un’ottica di promozione della legalità, infatti, l’intenzione è quella di incoraggiare ulteriormente l’effettuazione di segnalazioni, attraverso:

  • l’allargamento della platea dei soggetti cui è consentito effettuare una segnalazione: mentre prima la normativa si rivolgeva – quasi solo – a dipendenti e stretti collaboratori, oggi qualunque soggetto che abbia un qualche tipo di relazione lavorativa con l’ente è considerato un potenziale segnalante (ad esempio: lavoratori subordinati; consulenti; subappaltatore; stagisti; candidati in fase di recruiting);
  • l’allargamento dell’ambito oggettivo di applicazione anche a tutti i più rilevanti settori d’interesse del diritto dell’Unione (ad es.: trasporti, appalti, ambiente, GDPR, diritto dei consumatori, conformità dei prodotti, concorrenza etc.)
  • l’introduzione di misure atte ad impedire le c.d. «ritorsioni» (conseguenze di carattere economico o lavorativo, quali: perdita del lavoro, demansionamento, ostracismo, rescissione di contratti etc.);
  • l’esenzione da forme di responsabilità civile, amministrativa o penale in relazione alla rivelazione delle informazioni (per la violazione, ad esempio, delle disposizioni su determinati tipi di segreti, quali quelli industriali).

Le disposizioni contenute nel d.lgs. 24/2023 entreranno in vigore secondo due scadenze: il 15 luglio 2023 per i “soggetti privati” con più di 249 dipendenti e per tutte le imprese, indipendentemente dalle dimensioni, dotate di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D. Lgs. 231/01 e il 17 dicembre 2023, per i «soggetti privati» che, nell’ultimo anno, hanno impiegato più di 49 e meno di 250 dipendenti.

I destinatari della disciplina sono i «soggetti pubblici» (tra i quali figurano: concessionari di pubblico servizio, società a controllo pubblico e società in house, anche se quotate)[1] e, per quanto concerne i «soggetti privati», le imprese che:

  1. nell’anno precedente, hanno occupato una media di più di 49 lavoratori subordinati;
  2. a prescindere dal numero di lavoratori occupati:
    • sono soggette all’applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato al d.lgs. 24/2023 (normative per lo più in tema di mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo a prescindere dal numero di lavoratori impiegati);
    • hanno adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001.

A tutti questi soggetti si richiede d’implementare, sentite le rappresentanze sindacali, un canale di segnalazione interno che:

  1. garantisca la riservatezza, anche mediante crittografia, dell’intero contenuto della segnalazione (compresi tutti i relativi documenti) e, in special modo, dell’identità del «segnalante» e delle altre «persone coinvolte»[2];
  2. sia gestito da una persona, un ufficio e/o soggetto esterno dedicato, dotato d’adeguata autonomia e specifica formazione, il quale deve essere in grado di: i) rilasciare, entro sette giorni dalla ricezione, un avviso di ricevimento della segnalazione; ii) mantenere le interlocuzioni con il segnalante e, eventualmente, richiedere integrazioni; iii) garantire, sotto il profilo investigativo/gestionale, un «diligente seguito» alle segnalazioni; iv) fornire un «riscontro»[3]al segnalante entro tre mesi; v) mettere a disposizione informazioni chiare sul canale, procedure e presupposti per effettuare le segnalazioni interne ed esterne, anche attraverso la loro esposizione nei luoghi di lavoro e pubblicazione sul sito internet; vi) conservare per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione;
  3. consenta l’effettuazione delle segnalazioni in modalità sia scritta che orale, nonché, su richiesta del segnalante, per il tramite di un incontro diretto;
  4. in caso di segnalazioni orali e/o per incontro diretto, previa raccolta del consenso del segnalante, garantisca la registrazione su supporto idoneo e/o la verbalizzazione scritta della conversazione, con conseguente necessità, in quest’ultimo caso, di concedere al segnalante la facoltà di emendare e/o modificare il verbale, nonché di confermarne il contenuto mercé sottoscrizione;
  5. garantisca alla persona coinvolta e/o comunque menzionata nella segnalazione la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa ove questa lo richieda espressamente.

Il compito di vigilare in via generale sul rispetto della disciplina è affidato ad ANAC, alla quale viene attribuita altresì la facoltà di comminare sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000 a 50.000 € nel caso in cui accerti che:

  • sono state commesse ritorsioni o la segnalazione è stata ostacolata o si è tentato di ostacolarla o è stato violato l’obbligo di riservatezza;
  • non sono stati istituiti canali di segnalazione, non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni o queste non sono conformi.

Inoltre, l’incompletezza del canale di segnalazione interna, l’incapacità dello stesso di garantire un seguito efficace alla segnalazione o fondati motivi di ritenere che si subiranno ritorsioni, consentono al segnalante di poter effettuare la segnalazione esterna direttamente ad ANAC: qualora anche in questo caso non sia dato riscontro nei termini o vi siano fondati motivi di temere un rischio per il pubblico interesse o ritorsioni, il segnalante può divulgare pubblicamente le proprie informazioni, senza incorrere in alcun tipo di responsabilità di tipo civile, amministrativo e/o penale anche ove le informazioni siano coperte da segreto.

 



[1] «Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d) , del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i concessionari di pubblico servizio, le società a controllo pubblico e le società in house , così come definite, rispettivamente, all’articolo 2, comma 1, lettere m) e o) , del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate», cfr. art. 2, comma 1 lett. p), d.lgs. 24/2023.

[2] In questo senso, sebbene non obbligatorio dal punto di vista normativo, si può suggerire di prevedere un sistema che consenta di presentare segnalazioni anche in forma completamente anonima.

[3] Il riscontro viene definito «comunicazione alla persona segnalante di informazioni relative al seguito che viene dato o che si intende dare alla segnalazione».