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Regime del margine dei beni d’occasione

Sentenza Corte di Giustizia UE n. C-365/22 del 17 maggio 2023, caso IT

A cura di Mario Spera - Pricipal Bernoni Grant Thornton

 

1. Premessa

La Corte di giustizia nella sentenza del 17 maggio 2023, C-365/22, caso IT, affronta una questione del tutto peculiare, relativamente all’estensione del regime del margine per i beni di occasione, anche in relazione ai soli pezzi di ricambio che si trovano all’interno di autovetture dismesse e non più utilizzabili, che sono cedute nel loro complesso.

Nel caso di specie, un soggetto passivo belga, con identificazione IVA, che svolgeva l’attività di acquisto, presso compagnie assicurative, di veicoli totalmente sinistrati (che non potevano essere riparati/modificati per riutilizzarli in quanto tali), rivendeva tali beni come “rottami” ovvero unitamente ai pezzi di ricambio che il cliente poteva utilizzare.

I dubbi derivavano dalla circostanza che in passato la Corte di Giustizia con la sentenza C-471/15 Sjelle Autogenbrug, del 18 gennaio 2017 si era espressa in senso favorevole al ricorso al regime del margine, anche quando la cessione avesse avuto ad oggetto pezzi di ricambio che il cedente vendeva singolarmente dopo averli estratti dal veicolo non più funzionante.

Nel contesto affrontato dal giudice UE, la questione si presenta piuttosto specifica, in quanto è diretta ad accertare se la vendita generica di un mezzo di trasporto usato, privo ormai di qualsiasi idoneità al suo riutilizzo, possa essere considerata rientrante nel regime del margine, anche se lo scopo della cessione era quello di consentire al cliente di poter usare i pezzi di ricambio.

 

2. Commercializzazione dei beni di occasione

Occorre, preliminarmente, ricordare che, secondo quanto indicato nel considerando 51 della Direttiva IVA (2006/112/CE), l’applicazione di un regime speciale (quale quello del margine) ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, è diretto ad evitare che per queste transazioni possano emergere fenomeni di doppia imposizione e/o di distorsione della concorrenza tra soggetti passivi.

Inoltre, come prescrive l’art. 311, paragrafo 1, della direttiva IVA, quando si parla di “beni d’occasione”, ci si intende riferire ai “beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d'arte, d'antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri”.

Peraltro, l’applicazione del regime del margine da parte del soggetto rivenditore dei beni sopra menzionati è correlata con la circostanza che egli abbia acquistato i beni d’occasione (come nel caso di specie) presso altro soggetto che non aveva potuto esercitare a monte il diritto alla detrazione (privato consumatore, soggetto passivo che effettua operazioni esenti, ecc.). Di fatto, come sottolinea la sentenza C-365/22 in esame “né tale persona né il soggetto passivo-rivenditore sono in grado di detrarre” l’importo dell’IVA inglobato nel prezzo del bene soggetto a questo regime (Cfr. punto 23).

Di fatto, ai sensi dell’art. 315 della direttiva IVA, il margine che realizza il soggetto-passivo rivenditore del bene “è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto”. Di conseguenza, la base imponibile delle cessioni di beni in regime del margine è costituita appunto dal margine realizzato dal soggetto rivenditore, al netto dell’IVA applicata sul margine stesso. In base a questo meccanismo si evita così una doppia imposizione in considerazione del fatto che si evita di tassare nuovamente l’intero prezzo di acquisto del bene nel quale era compresa in modo “invisibile” l’imposta pagata a monte che non era stata detratta.

 

3. Conclusioni della Corte UE

Chiariti i termini di applicazione del regime del margine, la Corte UE segnala, al punto 25 della sentenza, come sia necessario che i veicoli venduti “non siano stati in realtà venduti per essere semplicemente distrutti o trasformati in un altro oggetto”, in quanto in tale caso il bene venduto “non rimarrebbe nel ciclo economico suo proprio e non può quindi beneficiare del regime del margine”.

Per contro, l’acclarata impossibilità di riutilizzare i beni venduti, anche previa riparazione, per gli stessi fini per cui sono stati inizialmente prodotti, non deve incidere sulla qualificazione quale bene d’occasione del veicolo che è venduto per i pezzi di ricambio “riutilizzabili” in esso contenuti.

Infatti, a questo proposito, il Giudice unionale, riprendendo le osservazioni della Commissione UE, afferma che risulta in linea con i principi del regime del margine (di evitare la doppia imposizione) che “un veicolo definitivamente fuori uso possa rientrare, in quanto bene d’occasione, nell’ambito di applicazione del regime del margine in quanto alcune sue parti costitutive sono suscettibili di reimpiego” (cfr. punto 23). E ciò indipendentemente dal fatto che il soggetto-passivo rivenditore abbia rivenduto l’intero veicolo e non solo i pezzi di ricambio dopo averli asportati.

In questo senso, è suggerita l’opportunità di “prendere in considerazione elementi oggettivi quali la presentazione e lo stato dei veicoli, l’oggetto del contratto, il valore al quale tali veicoli sono stati venduti, il metodo di fatturazione o l’attività economica della persona che ha acquistato tali veicoli” (cfr. punto 27).

Pertanto, possono qualificarsi come beni d’occasione, in presenza delle altre condizioni richieste, i veicoli, pur non riutilizzabili in quanto tali, qualora contengano “pezzi che conservano le funzionalità che possedevano allo stato nuovo in modo da poter essere riutilizzati come tali o previa riparazione e, dall’altro, venga accertato che tali veicoli sono rimasti nel ciclo economico loro proprio per effetto di un siffatto riutilizzo dei pezzi”.

 

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