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Adeguamento della detrazione in caso di distruzione o alienazione di beni

Sentenza Corte di Giustizia UE n. C-127/22 del 4 maggio 2023, caso BTK

A cura di Mario Spera - Pricipal Bernoni Grant Thornton

Con la sentenza C-127/22 del 4 maggio 2023, caso BTK, la Corte di Giustizia dell’UE si occupa del trattamento IVA di beni acquistati, prodotti o commercializzati da un soggetto passivo che formano oggetto di scarto, distruzione o smaltimento, ponendo la questione se sia necessario o meno procedere alla rettifica della detrazione dell’imposta assolta a monte.

In particolare, l’analisi della Corte si sofferma sulle regole dettate dagli artt. da 184 a 186 della direttiva IVA 2006/112, in tema di diritto dell’Amministrazione finanziaria “di esigere una rettifica da parte di un soggetto passivo” della detrazione IVA in precedenza operata, soffermandosi, su quanto stabilito dall’art. 185 della citata direttiva, secondo il quale è obbligatorio procedere ad una modifica della detrazione operata qualora siano “mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo delle detrazioni”. Lo stesso articolo soggiunge, al paragrafo 2, che la rettifica non deve essere effettuata, tra l’altro, “in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati”.

 

a. Cessione dei beni “scartati”

La questione riguarda “lo scarto di un bene che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla vendita di tale bene” con assoggettamento ad IVA, ancorché sia qualificato quale rifiuto.

A questo, proposito, occorre tener conto della circostanza che la detrazione, per assicurare la perfetta neutralità dell’imposta, si fonda su due sostanziali requisiti (evidenziati anche, nel sistema italiano, dall’art. 19 del DPR n. 633 del 26 ottobre 1972): inerenza (riferibilità dell’operazione alla attività svolta dal soggetto passivo) e afferenza (effettuazione a valle di operazioni soggette ad IVA, con riferimento ai beni per i quali sia stata operata la detrazione). La Corte sottolinea che, indipendentemente dalle finalità e dai risultati delle attività effettuate a valle, è importante che le medesime “siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA”. Una volta che sia stato verificato l’assoggettamento ad imposta di tali attività, ciò non pregiudica l’effettuazione della detrazione a monte, per cui non è obbligatoria una sua rettifica.

A questo fine, risulta irrilevante che la vendita dei beni, quali rifiuti, non rientra nelle attività economiche abituali del soggetto passivo, né, tantomeno, che il valore di vendita dei beni sia ridotto rispetto a quello iniziale (trattandosi, appunto, di rivendita di “rifiuti”). Analogamente, la distruzione parziale dei beni originari e la rivendita a valle dei rottami ovvero dei materiali di scarto con assoggettamento ad IVA (quali operazioni imponibili) legittima il mantenimento della detrazione originaria, in quanto può considerarsi che non siano “mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni” (cfr. art. 185 della direttiva IVA, par. 1).

 

b. Perdita o distruzione volontaria di un bene

In questa ipotesi, trattasi dello scarto di un bene divenuto inutilizzabile nell’ambito delle abituali attività economiche del soggetto passivo, seguito dalla distruzione volontaria di tale bene.

Al riguardo occorre fare una distinzione tra la “perdita” (fatto estraneo alla volontà dell’operatore economico, che potrebbe derivare ad esempio da eventi calamitosi o da un furto), e la “distruzione” (atto volontario del medesimo operatore, attraverso cui il bene, comunque, viene eliminato ovvero perde la possibilità di essere utilizzato). In entrambe le ipotesi il legislatore vuole evitare che la perdita “fiscale” del bene si vada ad aggiungere alla perdita economica dello stesso, con un doppio danno per l’operatore, per cui prevede ipotesi che fanno venir meno l’obbligo della rettifica della detrazione.

Mentre appare piuttosto pacifico il fatto che la perdita di un bene, non dipendente dalla volontà dell’operatore economico, debba essere considerato come un atto che non fa perdere il diritto a detrazione, più complessa è la situazione della distruzione, in cui è lo stesso soggetto passivo che procede alla eliminazione del bene.

In particolare, il giudice unionale ritiene che la dismissione o la distruzione volontaria di un bene, rientrante nella normale attività di impresa, ancorché non sia destinato ad una attività imponibile a valle non impone la rettifica della detrazione (vale a dire la restituzione all’Erario dell’imposta detratta), a condizione che la distruzione del bene “sia debitamente provata o giustificata” e sia, altresì, dimostrato che il bene stesso abbia “oggettivamente perso qualsiasi utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo”.

A questo fine, la “prova della distruzione” potrà essere fornita attraverso una attestazione dell’Autorità fiscale ovvero di un notaio che diano effettivamente conto della eliminazione fisica del bene; lo stesso dicasi in caso di smaltimento dello stesso.

 

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