Il Sole 24 Ore

Pmi innovative, ricavi -15% ma ripresa già nel 2021

Alessandro Dragonetti
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Il Covid-19 non ferma le Pmi innovative italiane. Intendiamoci: la crisi innescata dalla pandemia avrà un effetto anche sui conti di queste aziende, ma per il momento non sembra aver frenato la loro vitalità. Sono infatti 567 le nuove aziende che tra ottobre dello scorso anno e settembre di quest’anno si sono iscritte al registro del Mise relativo a questa categoria, contro le 432 dello stesso periodo precedente. Un bel segnale, anche se il numero complessivo (poco meno di 1.700) appare ancora contenuto rispetto al bacino potenziale, che potrebbe attestarsi attorno alle decine di migliaia nel nostro Paese.

A metterlo in evidenza è l’Osservatorio Pmi Innovative 2020 realizzato dall’Università di Pisa assieme alla società di consulenza Grant Thornton, che domani sarà presentato in modalità digitale, in occasione della premiazione delle realtà che si sono distinte quest’anno in tre ambiti: ricerca e innovazione digitale, resilienza al Covid-19 e sostenibilità.

«La pandemia ha fatto da acceleratore a un fenomeno che appariva già prima irreversibile – spiega Alessandro Dragonetti, Head of Tax di Grant Thornton – ovvero la maggiore resilienza alle crisi da parte delle imprese innovative che, in uno scenario destinato a diventare più competitivo, hanno maggiori chance di crescita e di redditività».

Già prima del Covid queste imprese (che rispondono a criteri precisi, tra cui fatturato sotto i 50 milioni di euro, incidenza degli investimenti in ricerca e sviluppo superiore al 3% sul fatturato, almeno un quinto dei dipendenti con un livello di scolarizzazione elevata) avevano dimostrato il loro dinamismo rispetto alle Pmi tradizionali, con una crescita media dei ricavi del 15% tra il 2018 e il 2019 e variazioni positive di Ebitda. Il Covid è destinato probabilmente ad approfondire questa forbice.

I settori di attività delle nuove iscritte sono concentrati soprattutto in ambito informatico, elettronico, nella chimica e nella farmaceutica. «Tutti settori che dovrebbero risentire meno della crisi in corso», osserva Giulio Greco, docente di economia all’Università e coordinatore dell’Osservatorio. «Abbiamo ipotizzato due scenari di impatto del Covid su queste Pmi – prosegue il professore -. Nello scenario “hard”, che attualmente è il più probabile, prevediamo per quest’anno un calo medio del fatturato del 14,9% rispetto al 2019, seguito da un rimbalzo del 15,35% nel 2021, con un calo complessivo tutto sommato contenuto, inferiore al 2%, nel periodo 2021-2019».

Una ripresa trainata sicuramente dal contenuto tecnologico e innovativo di queste imprese, ma anche dalla loro maggiore attrattività nei confronti dei capitali esteri: «Si tratta di realtà più appetibili sia per eventuali acquisizioni, sia per l’ingresso di investitori internazionali», dice Dragonetti. Anche se, su questo fronte, c’è ancora da lavorare, aggiunge Greco: «Il grado di internazionalizzazione è ancora limitato – spiega – a causa non tanto delle aziende, ma del contesto economico italiano, che nel suo insieme risulta poco attrattivo per i grandi venture capital globali».